Fontebecci, lo scambio dei becchi e la famiglia dei mercanti di San Gimignano

Nella zona a nord di Siena a circa 340 metri sul livello del mare c’è una fonte che alimenta i due rami principali dei bottini, quello più antico, il Bottino maestro di Fontebranda, che si trova a notevole profondità e che da Fontebecci porta l’acqua fino alla Fonte di Fontebranda, e il Bottino maestro di Fonte Gaia, realizzato intorno al 1300, che alimenta, la fonte di Piazza del Campo, Fonte Gaia e con il trabocco, anche le altre fonti minori.
Nel 1346 il “cammino” del bottino maestro giunse fino a Fontebecci, i Senesi, cercavano insistentemente di allacciarlo alle acque del fiume Staggia all’altezza di Quercegrossa, ma con grandi difficoltà. Nel 1387 venne invece portato a termine il ramo di Uopini che portava nuova acqua alle fonti. Su richiesta dei Lanaioli di Fontebranda e dei mugnai della stessa zona si cercò d’incanalare nel bottino omonimo l’acqua del torrente Mazzafonda, un piccolo immissario dello Staggia, ma nel 1429 i lavori si fermano.
La Fonte di Fontebecci è in assoluto tra le più antiche (si trovano per la prima volta alcuni scritti in una donazione del 1110 circa), e forse addirittura si pensa che sia nata dai romani. All’origine del suo nome ci sono varie leggende: una di queste, racconta che vi si svolgessero sacrifici di “becchi” (montoni) al Dio Bacco. Mentre l’altra farebbe risalire la parola “Becci” ad uno scambio che vi fu in quella zona tra i prigionieri Guelfi, catturati dai Senesi durante la battaglia di Montaperti, con i montoni chiesti in cambio e si legge da alcune cronache del tempo che con il sangue di questi “becchi”sarebbe servito per impastare la calcina con cui la Fonte venne intonacata. Probabilmente “Fonte Becci” è solamente uno “storpio” popolare di “Fonte per berci”, cioè per dissetarsi. Ma esiste anche un altro documento storico del 1200, riguardante una famiglia di mercanti di San Gimignano che si chiamava proprio Becci, che ricoprì importanti cariche pubbliche nel periodo d’oro del Comune (tanto che in paese c’è ancora la Torre dei Becci e l’arco dei Becci) e che commerciava spesso con Siena e Arezzo.
Parè che il punto di ritrovo fosse proprio la fonte omonima che prese appunto il nome dalla famiglia.
Articolo e foto Gabriele Ruffoli

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