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Giubileo, Lojudice ai giovani senesi: “La libertà è sempre la scelta giusta, anche se faticosa”

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“Siamo arrivati qui da tante strade e situazioni diverse: chi a piedi, chi in pullman, chi con altri mezzi”. È così che il cardinale Augusto Paolo Lojudice ha salutato i pellegrini senesi accorsi a Roma per il giubileo. Ieri sera, infatti, nella parrocchia dell’Ascensione a Roma l’arcivescovo di Siena, Colle Val d’Elsa e Montalcino ha officiato la prima Santa messa del giubileo degli oltre 100 ragazzi senesi. E per un centinaio di pellegrini senesi che arrivano nella città eterna ce ne sono quasi 2.500 che da tutto il mondo si stanno riversando nella città di Santa Caterina, come raccontato ieri, portando colori, musica e canti. Lojudice, poi, venerdì prossimo alle 9.30, insieme ad altri sacerdoti, confesserà i ragazzi e alle 11,30 celebrerà la Santa Messa di nuovo nella parrocchia dell’Ascensione. Alle 17 guiderà la via Crucis dei giovani delle diocesi toscane presso la chiesa dei Santi Giovanni e Paolo a Roma (nel parco dei Padri Passionisti).

“Questa è un’esperienza che ci immerge in un contesto molto più grande della nostra realtà parrocchiale o diocesana. Siamo nella città di Roma, sede del Papa, uno dei luoghi più significativi della nostra fede cristiana insieme a Gerusalemme, e qui ci ritroviamo insieme a giovani provenienti da tutto il mondo – ha detto ancora Lojudice ai ragazzi nel corso dell’omelia -. Nessuno è qui per caso o per una semplice gita. Chi è venuto a piedi conosce la fatica, e anche chi è arrivato con altri mezzi ha fatto una scelta consapevole”.

“La libertà è sempre la scelta giusta, anche se può essere difficile e fatica” spiega ancora il porporato riferendosi alla letture. “La prima, tratta dal libro dell’Esodo – ha spiegato -, è una delle più emblematiche dell’Antico Testamento: Mosè riceve la missione da Dio di guidare il popolo fuori dalla schiavitù d’Egitto. Una schiavitù che, paradossalmente, il popolo a volte rimpiangeva, perché conosciuta, comoda nella sua prigionia. Il vitello d’oro, l’impazienza del popolo, la rottura delle tavole della Legge da parte di Mosè: tutto ci parla della difficoltà del cammino verso la libertà e della fatica nel fidarsi davvero di Dio”. “Nel Vangelo, invece, troviamo una parabola breve ma significativa: quella del granello di senape e del lievito. Due immagini semplici, piccole, quasi insignificanti, ma che raccontano la forza silenziosa e trasformante del Regno di Dio. Ciascuno di noi può sentirsi piccolo, inadeguato, a volte persino insignificante. Eppure, dentro ognuno di noi è nascosto un grande tesoro, una potenzialità capace di generare vita, cambiamento, bene. Il Regno di Dio non va immaginato come un’immagine fissa del paradiso con angeli e nuvole. Gesù non ce lo ha mai descritto nei dettagli. Ha invece voluto insegnarci a vivere il presente con attenzione e responsabilità, senza perdere di vista il senso e la direzione. Il Regno si costruisce qui e ora, nei gesti concreti, nelle scelte quotidiane. Pensiamo alla parabola del seminatore: il terreno può essere sassoso, pieno di spine, oppure buono. Quel terreno siamo noi, nelle nostre contraddizioni, nella nostra umanità. Ma è in quel terreno che il seme può germogliare. Il Regno di Dio si realizza quando, con la grazia di Dio, compiamo qualcosa di buono, di bello, di giusto. È presente in ogni gesto d’amore, anche piccolo: in un bicchiere d’acqua donato, in due spiccioli offerti con il cuore, in una carezza, in un atto di perdono. È nel vasetto di profumo spezzato ai piedi di Gesù, nei pani e nei pesci condivisi, in ogni segno che porta la forza silenziosa del bene” ha aggiunto ancora.

“Parabole e simboli che ascoltiamo ci chiedono di essere strumenti della potenza di Dio. Echi della sua Parola, chiamati a testimoniare l’amore che è alla base del mondo fin dalla sua fondazione. Questo amore, nascosto nelle fondamenta, è stato pensato per essere custodito, non per essere sottratto. Non possiamo non rivolgere un pensiero a chi soffre, alle vittime delle guerre, ai bambini colpiti dalla violenza. Che questo non sia solo uno slogan, ma una vera preoccupazione nel cuore di ciascuno. Non possiamo fare tutto, ma qualcosa sì. E quel qualcosa non può mancare. Deve essere parte del nostro modo di pensare, agire, relazionarci, guardare oltre noi stessi. Che tutto questo diventi una vera intenzione del cuore, un impegno che ci accompagni nei giorni a venire, in tutte le esperienze, negli incontri, nelle relazioni. Per raccogliere la ricchezza che c’è negli altri, ma anche quella che abita in ciascuno di noi, e trasformarla in dono per chi ne ha bisogno” ha infine concluso Lojudice prima di augurare un buon giubileo e un buon cammino ai presenti.