Siena

I palii non corsi del 1799 e del 1801: la “colpa” è dei francesi

Era il 28 giugno del 1799 quando a tarda sera i controrivoluzionari del Viva Maria provenienti da Arezzo entrarono (forzando? Con aiuti dall’interno?) a Siena.

In un clima cittadino già pesante il generale francese Ballet, dopo essersi asserragliato dentro le mura della Fortezza Medicea fino al 5 luglio, non può che fuggire in fretta e furia e cercare riparo sicuro a Lucca. Un periodo terribile per Siena, con la cittadinanza che sta faticosamente cercando di riprendersi dopo il terremoto dell’anno precedente.

E così come era già successo nel 1798, si legge nelle cronache: “Il 2 Luglio non fù corso il Paglio in questo giorno benché approvato dal Generale Francese Guttier e dal Commissario del Governo Francese Minate residente in Firenze per la Repubblica Francese, ma il Comandante di questa piazza di Siena Giuseppe Bellet, non voleva che gli individui delle contrade portassero i fiocchi delle loro contrade al cappello, ma il suddetto Comandante veduti i fiocchi ai cappelli dei geniali delle contrade di già estratte, e di quelle che correvano d’obligo, in Camullia scese dal suo verroccino [calesse] e frustò il figlio di Bartolomeo Mognaini mercante perché aveva il fiocco della sua contrada della Selva al cappello; onde la Municipalità di Siena soppresse il detto Paglio ad altro miglior tempo”.

Il Palio del 2 luglio viene recuperato il mese successivo e, di fatto, il 16 agosto si disputa la Carriera di Provenzano, con le stesse Contrade che avrebbero dovuto correre il mese precedente usando, peraltro, anche lo stesso drappellone. Trionfa la Contrada del Nicchio con Mattia Marzi detto Mattio sul baio scuro del Mugnaini.

Il 1801, poi, ha una storia tutta a sé: non si corre il Palio di Provenzano (e di conseguenza la “ricorsa” d’agosto), non si corre il palio alla lunga dell’Assunta, ma non è solo per un motivo di riorganizzazione comunale di un nuovo governo francese che si sta, ora davvero, insediando e che deve affrontare molti problemi.

I francesi continuano a temere che dietro la passione per simboli, bandiere, colori e cavalli possa covare un’altra miccia simile a quella del 1799. Tuttavia, non si può non raccontare che appena entrati a Siena, nell’inverno di quell’anno, per celebrare l’evento proprio i francesi chiesero subito un palio: il generale delle truppe cisalpine Trivulsi, così, approfittando del periodo carnevalesco, ne fece svolgere alla Comunità Civica uno alla lunga domenica 8 febbraio e poi si “piccò” di voler far disputare alle Contrade un Palio alla tonda.

La “carnevalata”, è il caso di dirlo, viene “salvata solo dal fatto che il 10 febbraio nevica a tal punto da renderne impraticabile l’attuazione e la Municipalità chiosa: “Ancorché si levasse la neve per il giro [della Piazza] e si facesse l’interro, questo diventerebbe un fango per l’acqua, che scorre dai tetti, e così si impossibiliterebbero i cavalli a correre, e non si troverebbe, chi vi corresse sopra per il pericolo di cadere. Oltre di che li spettatori non avranno luogo ove stare per la neve che vi è nel mezzo di Piazza né si possono fare gli altri preparativi necessari per i Palchi”.

Maura Martellucci

Per approfondire: Duccio Balestracci, “Il Palio di Siena. Una festa italiana”, Laterza 2019.

 

marco crimi

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