Il Chianti del Barone Ricasoli tra storie e leggende

In base all’autorevolissima rivista americana Family Business che si presta a curare le classifiche planetarie delle aziende di proprietà famigliare, risulta che Barone Ricasoli è al quarto posto nel mondo in assoluto tra le aziende più longeve di sempre e seconda nel settore vitivinicolo.
Quella del Barone Ricasoli è in assoluto l’azienda vinicola più antica d’Italia che si trova nel cuore del Chianti Senese tra le Colline che si alzano sopra Gaiole e Castelnuovo B.ga fino a lambire Monteluco. In quella splendida zona ci sono molte sorgenti che regalano vallate verdi e molta vegetazione. In una delle colline è visibile da chilometri e chilometri di distanza il Castello di Brolio da dove si puo ammirare Siena, il Monte Amiata e le Colline Metallifere.


Bettino Ricasoli, conosciuto anche come il “Barone di ferro”, poco più che ventenne, iniziò presso Brolio le sue ricerche e sperimentazioni, con l’obiettivo di produrre nella zona del Chianti un vino di alta qualità, capace di competere a livello internazionale con i grandi vini francesi, che all’epoca erano i protagonisti indiscussi.

Il suo grande impegno sullo sviluppo del vino Chianti, si intreccia con la sua storia di uomo politico protagonista del periodo del Risorgimento fu anche Primo Ministro nell’Italia unita del dopo Cavour. La sua determinazione dette il via a quello che può essere definito anche risorgimento della vitivinicoltura italiana.

Nel 1867 il vino di Brolio ottenne la prima medaglia d’oro all’Esposizione internazionale di Parigi.

Il barone Bettino Ricasoli nacque nel 1809 e morì nel 1880 e oltre al vino fu anche protagonista di diverse leggende popolari…

Il suo rapporto con il territorio di Gaiole fu così intenso che ancora oggi molte persone ne parlano come se fosse sempre in vita, evidenziando il segno profondo che ha lasciato nella memoria locale. I racconti fanno emergere il ritratto di un uomo duro, intransigente, che mal sopportava di essere guardato negli occhi dai propri sottoposti.

Si narra che considerasse il latte materno fonte di giovinezza e che pretendesse di berlo direttamente dal seno delle donne in allattamento. Si racconta inoltre che non disdegnasse la compagnia delle belle contadine: si dice che una di loro, Assunta, che aspettava un figlio dal Barone, fu cacciata da Brolio insieme al fattore, accusato di essere il padre del figlio illegittimo.

Attorno a queste storie, prende forma l’immagine dell’uomo maledetto, che è alimentata soprattutto dalle leggende nate attorno alla sua morte. Sembra infatti che il Barone volesse domare una cavalla che resisteva alla sellatura. Malato di cuore da diverso tempo per un difetto alla valvola mitralica, Ricasoli cercò di frustare l’animale, ma ebbe un malore e cadde a terra, rialzandosi a fatica e rifiutando l’aiuto dei suoi servi. Ritiratosi nelle sue stanze venne trovato morto dietro la sua scrivania.

Morto dunque senza ricevere l’estrema unzione, Bettino Ricasoli non venne sepolto subito, perché occorreva aspettare l’autorizzazione del Prefetto di Siena. La salma rimase quindi nella cripta della cappella di famiglia dal 23 ottobre, giorno della sua morte, fino al 2 dicembre. Questa lunga attesa di sepoltura alimenta l’idea dello spettro che rifiuta di essere interrato. Si racconta infatti che, durante il funerale, un improvviso e fortissimo vento si abbatté sui presenti; la bara divenne a un tratto pesantissima e nessuno riusciva a sollevarla, tanto che dovette intervenire il prete e praticare un esorcismo per calmare l’anima del defunto. Ma la tomba che veniva interrata il giorno la mattina dopo riemergeva sempre dal terreno, tanto che, alla fine, la cassa fu sepolta presso il Borro dell’Ancherona, in prossimità di un dirupo, luogo da cui si pensava non avrebbe potuto fare ritorno. Cominciò a fare quindi la sua comparsa lo spettro di Bettino, che durante la notte spaventava i passanti, aggirandosi intorno al castello sul cavallo, seguito dai suoi cani. Le cameriere spesso ritrovavano il letto sfatto la mattina e pare che l’anima del defunto si aggirasse anche in cucina, dove si divertiva a rompere piatti e bicchieri.

Molti di questi episodi, chiaramente, si confondono con il mito. Certo è che il Barone Ricasoli ha sempre dato modo di parlare di sé, per la persona che era, per le sue storie e per il vino che creò.
Gabriele Ruffoli