Siena

Il ministero del Turismo non serve a niente

Non ho nessuna nostalgia del Ministero del Turismo e spero che Mario Draghi non ceda alla tentazione di ricrearlo, scelta che sarebbe anche di dubbia costituzionalità.

Fin dal primo giorno, quel dicastero nacque male: fu istituito nel 1959 come Ministero del Turismo e dello Spettacolo, due materie che già allora non avevano proprio nulla in comune, se non la totale disattenzione da parte della politica verso settori che portano pochi consensi elettorali. Leggere la lunghissima lista dei ministri che occuparono quella poltrona è di esilarante tristezza: politici di nessun peso fino al 1982, e poi nomi più conosciuti (Lello Lagorio, Franco Carraro, Carlo Tognoli, Margherita Boniver) promossi sì al governo nazionale, ma chirurgicamente piazzati proprio in un luogo in cui non potessero assolutamente fare carriera.

Quando il Ministero venne abrogato con referendum popolare – il 19 aprile 1993 – la reazione della maggioranza dei politici e degli operatori del settore fu di indifferenza, se non di sollievo: in oltre trent’anni non aveva mai combinato nulla di veramente significativo. E giudizio altrettanto negativo aveva sempre ricevuto anche l’Enit, nato addirittura nel 1919 con il nome, che oggi appare quasi romantico, di Ente Nazionale per l’incremento delle industrie turistiche.

E non migliore fortuna ebbe la finta nomina di Michela Vittoria Brambilla, che Silvio Berlusconi, con la riconosciuta generosità, concesse di usare il nome di ministro, mentre formalmente era soltanto sottosegretario con delega al turismo. Nel suo anno di mandato, fra il maggio 2008 ed il maggio 2009, cercò anche di fare qualcosa di concreto, ma si trovò di fronte il fatto che l’art. 117 della Costituzione italiana attribuisce il turismo alla competenza esclusiva delle regioni e dunque non si può andare oltre un generico coordinamento, sempre che gli assessori regionali abbiano la benevolenza di farsi coordinare.

La distanza siderale, a mio parere ormai incolmabile, fra politica e turismo ha dunque origini lontanissime e non può certo essere il governo di Mario Draghi ad invertire la tendenza. Non servirebbe assolutamente a nulla ricreare un simulacro di ministero del turismo solo per fare finta che il settore sia diventato importante.

Servirebbe invece una vera politica industriale per un settore così importante per l’economia italiana, Forse l’unica cosa sensata sarebbe quella di riprendere quanto fatto da Pierluigi Bersani, che nel lontano 1996 – primo governo Prodi, quello dell’Ulivo – spostò le competenze del all’interno del Ministero dell’Industria. E che nel 2012 propose di nuovo la costituzione di un dipartimento turismo all’interno del Ministero dello Sviluppo Economico. Ma senza illusioni.

Non esiste una politica industriale per settori che pesano politicamente (scusate ho sbagliato, volevo dire elettoralmente) molto di più, figuriamoci chi può costruirla per quello che viene considerato poco più di un piacevole passatempo.

Roberto Guiggiani

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