Il Palio di Siena: tra tradizioni in evoluzione e adattamenti

La tradizione del Palio è spesso oggetto di partecipate discussioni.  Si accendono curiosamente in prossimità delle decisioni della Giunta comunale: vesti strappate, ritorno alle tradizioni, smettiamo di farlo, sono le posizioni più gridate che dopo i provvedimenti si spengono, per riaffiorare solo nelle contrade colpite, mentre altrove si fanno i conti sul numero delle estratte a sorte per il Palio successivo. Ebbene, qualche dubbio è legittimo, pur in presenza di eccessi punitivi e ricorsi al 101 che lasciano perplessi. 

Quando i lupi diventano agnelli, e viceversa, più  che le gloriose ed intoccabili tradizioni, forse pesano interessi di bottega, ovviamente legittimi, ma non da confondere con i “sacri principi”. Diverso e più utile è chiedersi quale sia il fil rouge che ha permesso alle contrade di giungere vitali fino ad oggi. Distinguere forma e sostanza e affrontare i problemi, che ci sono, allontanando il pessimismo, che non aiuta, e che talvolta è un ostacolo esso stesso.  Siena è criticata, e più spesso aggredita, da animalisti che hanno individuato nella nostra Festa un mezzo per rendere più visibili le loro battaglie. In compenso è ammirata da quanti apprezzano l’attaccamento alle tradizioni, e la capacità di farle vivere nel tempo. 

In particolare Siena è un modello per chi vive in comunità che hanno smarrito ogni legame con il proprio passato, e sono immerse in un presente senza identità, privi di un tessuto sociale  che le sorregga. Da questo punto di vista temo che abbiano capito meglio di noi l’originalità delle contrade e del Palio, e i tempi in cui viviamo. Quali sono i principi che hanno costituito essenza e missione delle contrade fin dal loro apparire? Il primo e l’amore per Siena che si esprime nel gioco (Palio) dove le divisioni anche aspre trovano unione nel mito dell’orgoglio del passato glorioso, cementando sentimenti profondi e fondanti.  Il secondo principio è conseguente al ruolo esercitato dalle contrade dopo la caduta della Repubblica. I Medici cercano di normalizzare Siena lasciando intatte, pur se svuotate di poteri, le antiche magistrature e concedendo il titolo nobiliare a tutti gli appartenenti ai Monti (i partiti dell’epoca) fidelizzando un ceto dirigente comunque ormai ben disposto. Il Popolo minuto affolla e rafforza invece le contrade rivendicando, magari inconsapevolmente, un proprio ruolo. Lo spirito popolare delle contrade echeggia nella accettata convinzione  che: “chi partecipa alle contrade e alla Festa reclama l’assenza  di ogni forma di cattiveria , che non lascia alcun strascico di rancore, che, se rimane, si sfoga in altra occasione perché tutti sono e rimangono “fratelli e amici” perché figli dello stesso popolo e si affrontano nei riti della festa consapevoli degli effetti”.

Questi valori e riferimenti accompagnano le contrade fino ai nostri tempi. Quello che varia enormemente è  la forma, il ruolo, le convenzioni che le contrade assumono nel tempo. Comunità religiosa fino alla metà dell’Ottocento, un breve interesse per le vicende Risorgimentali,  piena adesione al Mutuo Soccorso, che conferma le origini popolari, e cementa la comunità contradaiola con la solidarietà. Custode del mito e dell’amore per Siena, e comunità solidale, è la contrada che ha accolto e formato la mia generazione. Lungo una “tradizione” di valori che affonda le radici nella storia delle contrade. Poi ci sono le “tradizioni della attualità”. Percepite dai contradaioli, e quasi sempre legate alle proprie esperienze e alle forme che, in quel tempo, hanno caratterizzato le contrade. Sono dunque “tradizionali” le rivalità, e i loro effetti, anche se quasi tutte nate nel secondo dopoguerra, cioè  circa 350 anni dopo che è stato corso il primo palio alla tonda. È tradizionale la cena della prova generale, anch’essa coeva alle inimicizie. Per non parlare della mossa che ha assunto nel tempo  forme diversissime, cosi come la Piazza con curve che si allargano, palchi che si alzano. E altro ancora (società di contrada, battesimo contradaiolo, benedizione del cavallo).

Quello che in effetti accade è  che ogni generazione individua come tradizione la forma che in quel periodo assumono il Palio e le Contrade, e nella quale cresce e si appassiona. Nulla di male se non fosse che cosi si scorgono pericoli in ogni cambiamento-adattamento che invece è  il mezzo col quale la nostra Festa è giunta fino a noi. Ciò non giustifica l’eccesso di punizioni alle contrade, che più che un adattamento è spesso un modo per controllare la Festa, limitandone la spontaneità. Ma se un contradaiolo del Settecento ci vedesse oggi, ci prenderebbe per matti, cosi noi vedremmo lui. Eppure la dimostrazione che le contrade vivono in quanto  custodi del Mito e innervate dalla partecipazione del popolo è evidente. Nel tempo le contrade più forti sono quelle che hanno un rione popolare: Oca, Torre, Bruco, Onda, Nicchio mentre L’Aquila, con un territorio bellissimo, tratteggiato da palazzi signorili, ma con poco popolo, ha rischiato di scomparire, e sarebbe accaduto se non ci fosse stata l’ammirevole testardaggine del Pecci.

Mi permetto un consiglio per quanti, in buona fede, e per opinione diffusa, si preoccupano per ogni novità. E temono per il futuro della nostra Festa. In questi casi la frase più usata è: “certe cose non sono mai successe”. Ebbene a Siena abbiamo la fortuna di avere uno storico di valore che ha indagato a fondo il Palio. Duccio Balestracci ha pubblicato un libro animato dal cuore contradaiolo e dal rigore scientifico. La lettura farà scoprire che la storia del Palio e delle contrade è così lunga, che trovare qualcosa che non è  mai accaduta è impresa difficile. Così come sarà  chiara la differenza tra forma e principi. Un libro che le contrade potrebbero regalare ai giovani alla cena del 18°, oppure “obbligare alla lettura”, si fa per dire, quanti, ormai grandicelli, iniziano a frequentare. Un buon metodo questo per alleggerire le contrade di stereotipi e credenze. E magari smettendo tutti insieme di pensare che il Palio non è più quello di una volta con i pessimismi conseguenti. È vero che non lo è più, ma è anche vero che è sempre stato cosi nei secoli passati, e speriamo che sia così  anche nel futuro.

R. S.