Nel 1991 il Palio approda su un numero di “Tiramolla” con disegni di Roberto Sidos (Sandro Dossi, autore di molte storie di Geppo il diavolo buono), che si firmava così perchè lavorava alla Disney-Italia.
La puntata si intitola “Un raglio al Palio” ed il celebre personaggio del tempo, Tiramolla, appunto, si immerge nella nostra Festa con un fantasioso racconto che però lascia inorriditi i lettori senesi. Si entra in un mondo fatto di intrighi di fantini scomparsi, di beveroni di camomilla utilizzati per far dormire i cavalli delle avversarie, di torme di contradaioli vocianti che sfilano facendo suonare i campanacci (quelli del Nicchio, peraltro, inalberano bandiere con un “nibbio” svolazzante, hanno sul petto lo stemma dell’Aquila e indossano improbabili casacche viola e pantaloni rosa, il colore del giubbetto dell’avversaria Valdimontone) il tutto per favorire i loschi affari di un paio di figuri che hanno conquistato il monopolio della fabbricazione del panforte.
Alcune tavole meritano da sole un “apprezzamento” per la “fantasia”: un’araldica a dir poco buffonesca con i nomi delle Contrade storpiate in maniera ridicola, con la mossa del Palio data agitando dall’alto della Torre del Mangia una bandierina a scacchi bianchi e neri come nelle Formula 1. Per la cronaca: il Palio lo vince la Chiocciola anche se non con un cavallo, ma con un somaro. C’è da credere che in San Marco nessuno se ne sia lamentato.
Tuttavia questa storia, per quanto di fantasia, in certi particolari diventa comunque parecchio discutibile e dà molto fastidio che i contradaioli vengano raffigurati quasi come dei “buffoni” vestiti in maniera grottesca, ubriachi dalla mattina alla sera.
Alcune tavole meritano da sole un apprezzamento per la fantasia: la mossa del Palio data agitando dall’alto della Torre del Mangia una bandierina a scacchi bianchi e neri come nelle Formula 1 è un capolavoro di ironia. Per la cronaca: il Palio lo vince la Chiocciola anche se non con un cavallo, ma con un somaro. C’è da credere che in San Marco nessuno se ne sia lamentato.
Più “veniale” è l’errore in cui incappa Staino quando racconta su “Linus” nel numero di dicembre 1995 quando racconta la “giornata particolare” di Bobo al Palio di Siena. La storia piena è infarcita di leggera ironia e ben costruita (oltre che eccellentemente disegnata, secondo i canoni di questo disegnatore), anche se a Siena, come dicevamo, non gli perdonarono del tutto il “peccato” di aver messo sulla Torre del Mangia merli a coda di rondine ghibellini al posto di quelli quadrati guelfi tipici del periodo e del regime in cui fu realizzata la torre stessa. Anche se, ad essere sinceri, ciò che infastidì, più ancora dell’errore di stilema architettonico, fu il fatto che la merlatura sbagliata rendeva la Torre del Mangia terribilmente simile a quella del Palazzo della Signoria a Firenze.
Siena che somiglia a Firenze? Giammai!
Maura Martellucci
Per approfondimenti da leggere: “Il Palio di Siena. Una festa italiana” di Duccio Balestracci (Laterza, 2019), dal quale sono tratte anche queste notizie
e https://www.ilpalio.org/fumetti.htm
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