Il Palio nel mondo – oltre 300 anni di storia di Siena raccontati dalla bandiera del Bruco

Se ci pensiamo, a Siena, passato e presente si mescolano in un tutt’uno. Le abitudini, le usanze, le passioni sono sempre le stesse, questo perché siamo tenuti da un filo indissolubile che si riverbera all’infinito chiamato contrade. D’altronde, questa è un po’ la specialità di Siena e del suo popolo: l’amore per la sua terra. Lo stesso amore che porta le contrade ad avere una cura meticolosa per la sua arte, per i suoi oggetti che, dal più prezioso al più antiquato, sono tutti importanti. Proprio con questa premessa inizia l’ultimo capitolo della rubrica “Il Palio nel mondo”, grazie al contributo e al lavoro di Andrea Corti, contradaiolo, senese e collezionista. Il viaggio di questa rubrica, come sempre, parte da Siena. Dobbiamo, però, tornare indietro con i tempi e arrivare alla fine del ‘700 in una Siena che poi non era così tanto diversa dall’età contemporanea. Il Palio già si correva, le contrade si erano consolidate da tempo e i senesi partecipavano con grande passione. succede che nella Nobile contrada del Bruco si è soliti sventolare le bandiere, una in particolare, molto grande e raffigurante un bruco al centro. Ma nel 1700 i soldi non erano tanti, la seta costava e i contradaioli non si facevano remore nel vendere le bandiere ormai usurate per acquistare della seta per cucirne di nuove. Da qui, torniamo al presente, nello specifico agli inizi del 2019 quando, tra le mille ricerche eseguite da Andrea Corti e Nicola Peccianti, i due si imbattono in una piccola foto in bianco e nero ritraente una bandiera che, apparentemente, sembra raffigurare lo stemma della Nobile contrada del Bruco. La foto si scoprirà essere dei primi anni del ‘900, difficile capire se il documento in questione, a causa della scarsa qualità dell’immagine, sia una rivelazione oppure uno dei tanti buchi che si possono prendere nell’arco di una ricerca.

“La storia – racconta Andrea Corti – inizia agli inizi del 2019, stavamo facendo ricerche sugli archivi e i musei del Nord America, inserendo tutta una serie di parole particolari. Proprio da questa attività, guarda caso, venne fuori la bandiera del Bruco. Dalle foto si vedeva abbastanza bene che si potesse trattare di una bandiera di una contrada di Siena. Così, io e Nicola Peccianti abbiamo contattato la Nobile contrada del Bruco per riuscire a portare la bandiera a Siena. Non avevamo la percezione di quanto potesse essere importante questa bandiera”.

Niccolò Bacarelli

 

Proprio in questo contesto entrano in gioco due contradaioli, Francesco Tiravelli e Dario Castagno che, sotto la guida del priore Gianni Morelli, hanno iniziato a contattare il museo proprietario della bandiera, ovvero il Met, Metropolitan museum of Art of New York.

 

Iniziano così le ricerche per capire la storia della bandiera, come mai quel pezzo di storia di una contrada era arrivata navigando oltreoceano fino a News York. Così Dario Castagno e Francesco Tiravelli, scoprono che quella bandiera era appartenuta a Charles Maurice de Talleyrand-Périgord, un viveur della Francia, quarto Duca di Dino, pronipote dell’ancor più grande Charles Maurice de Talleyrand-Périgord, un prelato importante alla corte del e Luigi, poi spretato e sposato, in futuro servo fedele di Napoleone. Il Duca di Dino, noto per la sua vita agevolata e il suo amore per le donne, era anche un amante dell’arte e della storia, tanto da sfruttare le sue abilità di seduzione, per depauperare le giovani aristocratiche americane. Così, grazie al contatto di un antiquario italiano, tale Stefano Bardini o Costantino Ressman (non è dato sapere chi dei due), Périgord entra in possesso della bandiera.

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Non durerà tanto o almeno fino a quando i fondi del nobile francese non inizieranno a scarseggiare, tanto da costringerlo a vendere la sua collezione. Così si arriva al Met, agli inizi del ‘900 e a quella bandiera che per più di un secolo rimarrà ripiegata in uno scaffale nell’attesa di fare il suo ritorno in patria. Ci sono voluti più di 300 anni, ma la passione dei senesi, in questo caso contradaioli del Bruco e due collezionisti, si vede proprio da questo: dall’affetto verso i ricordi, verso l’identità di un popolo, verso quella seta che, seppur vecchia, racconta una storia infinita. Un qualcosa che nessuno, se non i senesi, riuscirà mai a capire. Perché, come piace ripetere sempre ad Andrea: la passione e l’amore per la contrada è una storia tutta senese.

Niccolò Bacarelli