Il primo manicomio costruito in Australia si trova a Fremantle , sulla costa ovest, primo porto sicuro per chi arrivava dall’Inghilterra. Progettato da Henry Willey Reveley, venne costruito nel 1830 e fu completato il 18 gennaio 1831. Il disegno fu ispirato dal Panopticon di Jeremy Bentham.
Si chiamava Round House, casa “rotonda”. Aveva le celle e la residenza per i custodi intorno, che si aprivano sul piazzale centrale.
Prima di questa costruzione la piccola colonia inglese si prendeva cura dei problemi della pazzia come era successo altrove, in Australia. Con una nave ancorata stabilmente nel porto.
Succedeva anche a Venezia. Si chiamava “La Fusta”, e fu il primo manicomio dei veneziani. Era stabilmente ancorata di fronte al Palazzo Ducale, non proprio in periferia ! Il messaggio non poteva essere più chiaro, a tutti. Il Vanvitelli la dipinse nel 1697. Qualche anno prima dell’utilizzo “ospedaliero”.
E così nei primi decenni del Settecento, risulta che nella Fusta venivano rinchiuse le persone che si comportavano in modo folle o che provocavano disordine in città. Le prime notizie documentate della presenza dei pazzi nella Fusta, risalgono al 19 gennaio 1727 , ma doveva trattarsi già all’epoca di una consuetudine. In questo modo, il governo aveva trovato una situazione ideale per isolare e contenere coloro che dimostravano comportamenti devianti e folli, che potevano anche divenire un pericolo per il resto dei cittadini.
Questo primo esempio di emarginazione dei pazzi non poteva durare a lungo. Non era solo un problema di reclusione di pazzi e sani in uno stesso luogo ristretto, ma anche di spazio e sanità. La Fusta era quasi sempre sovraffollata e questo comportava spesso epidemie e rivolte. Nel corso della seconda metà del XVIII secolo si fece quindi sempre più pressante l’esigenza di trovare o creare nuovi luoghi che ospitassero i pazzi. Ma questa è un’altra storia e riguarda l’isola di San Servolo.
Ma il resto d’Europa non era da meno. La “stultifera navis” era uno strano battello costipato di folli che navigava senza una meta lungo i fiumi e del quale il fiammingo Bosch ha offerto una straordinaria raffigurazione alla fine del Quattrocento nel suo Nef des Fous. Qui la follia esprime l’ombra che accompagna la vita umana e dal cui spettro essa vorrebbe liberarsi. La sua dimensione tragica incarna ambiguamente l’orrore e la fascinazione per l’ignoto, l’oscuro, il Male, la Morte, l’eccesso, tutto ciò, insomma, che costituisce il limite della ragione diurna. È quello che simboleggia la strana imbarcazione della Stultifera navis: l’esclusione prende le forme di un allontanamento non solo territoriale- dalla terra ferma al mare -, ma soprattutto mentale dall’ordine della città.
Destinata a vagare senza meta sulle acque, la follia viene isolata e segregata. Non appartiene all’umano ma è una forma subumana del Male.
Ma bisogna tornare indietro, dove la filosofia si è sposata con l’architettura. All’Inghilterra di Jeremy Bentham, e a un progetto decisamente straordinario e lungimirante, e mai completamente realizzato.
La prigione di Millbank era una prigione a Millbank, Westminster, Londra, originariamente costruita come penitenziario nazionale e che per parte della sua storia serviva da struttura di detenzione per prigionieri condannati, prima che venissero trasportati in Australia. Fu aperto nel 1816 e chiuso nel 1890. L’area fu originariamente comprata nel 1799 da Jeremy Bentham per conto della Corona Inglese, per costruire la prigione come nuovo Penitenziario Nazionale Inglese.
Costante Vasconetto
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