Il ruolo delle emozioni nella campagna vaccinale anti Covid-19

Stiamo vivendo un periodo storico critico, un tempo drammatico. La pandemia ha sconvolto le nostre esistenze e spezzato le nostre relazioni sociali, oltre che vite umane e intere famiglie. Da mesi, più e meno esperti invocano l’uscita dei vaccini come unica via d’uscita dal tunnel nel quale ci siamo trovati. Ora che la campagna di vaccinazione, seppur a singhiozzi, seppur non ancora del tutto chiara, pare essere iniziata, sembrerebbe che quanto prima riusciamo a vaccinarci, prima potremmo arginare il diffondersi del virus. Siamo tutti d’accordo su questo? Sebbene possa sembrare prematuro parlare di corsa ai vaccini, in quanto le dosi sembrano essere ancora scarse e in ritardo, è curioso notare che gran parte della popolazione mantenga una posizione quantomeno scettica.

Da quanto emerso da una recente indagine dell’EngageMinds Hub dell’Universitа Cattolica, il 48% degli italiani non è certo di volersi vaccinare. Strano ma vero. A dispetto di quanti sostengono che il vaccino sia l’unica arma per combattere il virus, molte persone pare che lo rifiuteranno, quando e se verrà loro data l’opportunità di farlo. Quali le motivazioni? Scetticismo nei confronti della scienza? Ipotesi complottiste? Paura? Scarsa fiducia delle istituzioni? Poche o scarse informazioni?

Tutti noi viviamo in un contesto iperconnesso, risultando sommersi di informazioni. Gli utenti della rete scorrono velocemente le pagine, le news, senza prestare particolare attenzione, prestando cioè più attenzione all’impatto visivo che al contenuto. Alla scarsa capacità di attenzione, si aggiunge il fatto che in rete tutti hanno la stessa voce, il parere di un non esperto è al pari di quella di un esperto, e un’informazione ripetuta più volte, divulgata a molti utenti contemporaneamente, può trasformarsi in verità indiscussa. Tutto ciò crea un effetto contagio, dai risvolti insani: le fake news sono infatti informazioni false, credute e diffuse come vere.

L’osservatore ingenuo potrebbe suggerire: “basta spiegare razionalmente benefici del vaccino!”. Se le sole spiegazioni razionali fossero così efficaci, credo proprio che vivremo in un modo migliore. In realtà, solamente un utilizzo strategico della comunicazione può contrastare questo fenomeno, utilizzando la nobile arte della persuasione (a proposito della quale suggerisco la lettura de “La nobile arte della persuasione” di Giorgio Nardone), sintonizzandosi emotivamente con gli stati d’animo di chi abbiamo di fronte, utilizzando un linguaggio evocativo e evitando le negazioni. In altre parole, comunicando strategicamente con gli altri.

A conferma di quanto appena sostenuto, uno recente studio transculturale (Hornsey, 2018) ha preso in esame quanto la spiegazione razionale di evidenze scientifiche sia spesso inefficace e talvolta controproducente. Sono in realtà le motivazioni profonde e le paure viscerali, le paleoncefaliche sensazioni primarie a destare scetticismo nella scienza e rifiuto dei vaccini, difficilmente confutabili attraverso evidenze razionali e rigorose. Bias cognitivi, cioè scorciatoie di pensiero, sembrano caratterizzare coloro che stanno assumendo una posizione contraria ai vaccini.

Se dunque nel promuovere i vaccini non possiamo affidarci alla pura ragione e razionalità, su che cosa potremmo far leva? Sulle emozioni. Parlare di emozioni implica considerare che ciò che le innesca, cioè le percezioni che l’individuo ha della realtà interna ed esterna. Percezione e emozione sono due elementi interagenti e interdipendenti: ciò avviene, per l’80% sotto il livello di coscienza che dunque non risulta essere capace di gestire le nostre reazioni e dunque le nostre scelte. Ne deriva che considerare l’essere umano un essere principalmente governato da logiche lineari sia uno dei più fini e rassicuranti autoinganni.

Per gestire un’emozione dobbiamo imparare ad utilizzare il suo stesso linguaggio che non è quello delle spiegazioni razionali e dei ragionamenti logici, ma quello della comunicazione persuasiva, delle suggestioni, delle esperienze emozionali correttive (a tal proposito suggerisco la lettura del testo “Emozioni. Istruzioni per l’uso” di Giorgio Nardone). Accettare e prendere dimestichezza con le emozioni di base ci consente di usarle come leva del cambiamento. Il dolore, la rabbia, la paura e il piacere, anziché evitarle, reprimerle o sostituirle con altro che a sua volta creerebbe un ulteriore problema, a volte ben più grave del primo, possono esse stesse essere la chiave del nostro cambiamento di atteggiamento e di comportamento, anche nei confronti di temi importanti, quali il vaccino contro il Covid-19. Un appello dunque alle istituzioni: non trascurate le modalità comunicative che utilizzate quando parlate di vaccini.

Sebbene per più di un aspetto, la comunicazione stessa, sia stata in realtà fino ad oggi la grande assente della gestione dell’emergenza sanitaria in atto, non perdiamo anche questa occasione in relazione ai vaccini anti Covid. E’ evidente che non possano essere trascurati gli aspetti emotivi che connotano il comportamento umano, alla luce del fatto che le motivazioni sottostanti il rifiuto e l’incertezza nei confronti dei vaccini risieda più nell’emozione che nella ragione. Lo Stato non può obbligarci a fare il vaccino, ma è bene che in modo persuasivo tocchi le giuste corde emotive affinché le persone percepiscano la vaccina stessa come un beneficio. In tal senso, il contributo che la psicologia ed una corretta strategia comunicativa possono fornire in questo momento storico, in cui l’orientamento dell’opinione pubblica svolge una funzione cruciale per il futuro della società, è essenziale. Per cambiare occhi, dobbiamo toccare il cuore.

Jacopo Grisolaghi