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Il testimone fuori dal tempo

All’inizio era soltanto qualcosa di memorabile: una folla di persone che gremiva progressivamente una piazza che s’incàva come la conca di un lago, contornata da bellissimi edifici; alla metà era poi una cosa assai attraente: un corteo fastoso e solenne di uomini in costumi dalla grazia antica, di bandiere dalla cromìa e dalla simbologia avvincenti; uno stemmario in cammino, scandito da rullii e clangori assertivi, luminosi come le armi e le corazze su cui risuonavano, da esse quasi echeggiati; e infine era l’incèsso marziale di un carro con uomini in assetto rispettabile sotto due stendardi, l’uno bianco e nero, l’altro dipinto a vari colori; e poi uno sventolio turbinoso e sempre un clamore di voci e uno strepito di mani e, al culmine, un apparire fervoroso di cavalli montati a pelo da uomini con casacche degli stessi colori delle bandiere, che sfilavano smaniosi verso un punto cruciale dove allinearsi in un ordine incerto; e, in cima a tutto, l’elevazione dello stendardo variopinto al di sopra della moltitudine di teste. Era stata una visione e insieme una sinfonia come poche feste al mondo hanno da offrire al ricordo: soltanto questo. Ma dopo. Dopo, dacché scoppiò la bocca da fuoco del segnale e i cavalli si sferrarono alla corsa, fu tutt’altro: qualcosa per cui non esistono parole ma solo sentimenti.

Solo amore e forza.

Ero andato al Palio per conoscere e per dilettarmi: ne sono tornato dopo aver assistito alla più potente manifestazione di gioia, e di pathos, che ancora oggi io riesca a concepire. V’era in quella conca radiante una mescolanza di odio e di amore: ma un odio che non dura infesto, mentre l’amore vi compare eterno.
Così scriveva il testimone forestiero, in séguito alla rivelazione avuta, in un suo diario che ci giunge da tempi remoti, o da tempi futuri: non importa.

L’essenza del Palio è immutabile.

Testo: Andrea Laiolo

Illustrazione: Riccardo Manganelli

Andrea Laiolo nasce ad Asti nel 1971. Si laurea con una tesi sulla valenza scenica del verso alfieriano, vincitrice del Premio Alfieri nel 1999. La sua prima silloge poetica è del 2004, seguita da altre, le ultime delle quali sono Aurea Ora (Bertoni 2021) e Nella schiusa rosa dei venti (Controluna, 2023) che contiene anche testi di Mario Marchisio e Bartolomeo Smaldone; ha inoltre pubblicato testi teatrali e vari interventi saggistici. Del 2022 è I figli del mattino (Readaction Editrice), raccolta di racconti ispirati agli antichi pittori della Scuola Senese e alle loro opere: il più recente pannello appartenente a un lavoro letterario che ha avuto fin dall’inizio la città del Palio tra i suoi principali oggetti, e già sfociato in una raccolta poetica interamente dedicata: La città della Festa, Achille & La Tartaruga, 2016)

marco crimi

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