Una volta nelle case non si buttava via nulla, gli avanzi del cibo venivano reinventati e rielaborati con altre idee e piatti. Così le nonne dalla carne avanzata potevano abilmente creare delle gustosissime polpette, oppure un favoloso ragù.
Oggi i tempi sono cambiati, il tempo a disposizione per cucinare è sempre meno e le abitudini alimentari cambiano. “Oggi mangiare per noi è scontato, come scontato è lo spreco” diceva Umberto Veronesi ne La dieta del digiuno.
Ed è proprio quello che rileva una recente ricerca “Spreco e fame” di Divulga, basata sulle statistiche di Eurostat, e pubblicata in occasione della Giornata Internazionale della consapevolezza sugli sprechi e le perdite alimentari. Secondo i dati, ogni italiano getta nella spazzatura in media 146 kg di cibo all’anno, per un totale di 8,6 tonnellate annue, che corrispondono a circa 385 euro per singolo cittadino, per un totale di 22,8 miliardi di euro complessivi all’anno.
Lo spreco alimentare non presenta unicamente risvolti economici, ma provoca anche un importante impatto ambientale, dato che genera emissioni pari a 0,40kg di CO2 a persona. Le nazioni più sprecone davanti all’Italia sono la Germania con 10,9 milioni di tonnellate e la Francia con 9 milioni di tonnellate. Così mentre le polemiche su inflazione, carovita, aumenti e interventi del Governo sul carrello della spesa degli italiani imperversano, l’Italia conquista questo triste primato, collocandosi tra i primi posti per lo spreco alimentare nei Paesi europei.
Vi è da sottolineare inoltre che, la maggior parte degli sprechi avviene nelle famiglie per un 79% del totale (circa 107 kg pro-capite), il resto dello spreco si suddivide tra produzione primaria (11% – 2,4 miliardi), industria alimentare (4% – 960 milioni), distribuzione (4% -970 milioni) e servizi di ristorazione (2% – 550 milioni).
Stefania Tacconi