Immobile pagato con i proventi dei permessi falsi per gli immigrati: scatta il sequestro della Guardia di Finanza

Un immobile a Grosseto acquistato con i soldi del traffico di ingressi falsi per stranieri: la Guardia di Finanza di Siena mette i sigilli a un affare da 51.500 euro. È l’ultimo capitolo di un’indagine che, partita da alcune anomalie notate dalla Prefettura di Siena, ha portato alla scoperta di un sistema organizzato per favorire l’ingresso irregolare in Italia di oltre duecento cittadini bengalesi.

Secondo la ricostruzione della Procura e delle Fiamme Gialle, dietro le pratiche di regolarizzazione c’era la regia di un cittadino bengalese, che insieme ad altri connazionali – alcuni operanti dall’estero – gestiva le domande sulla piattaforma del Ministero dell’Interno prevista dal cosiddetto “Decreto flussi”. Le pratiche riportavano dati falsi: finti datori di lavoro, aziende inesistenti, indirizzi di residenza inventati. In alcuni casi i datori di lavoro indicati erano del tutto ignari di risultare coinvolti. Ecco perché l’Autorità giudiziaria ha delegato il Nucleo di polizia economico-finanziaria ad
approfondire l’ipotesi di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Il servizio, però, non era gratuito: ogni domanda di ingresso aveva un costo compreso tra i 2.000 e i 4.000 euro, da pagare in contanti soprattutto in Bangladesh, ma talvolta anche in Italia. Quando le famiglie non potevano permettersi la somma, la quota veniva saldata addirittura con la cessione di terreni. Un business che, solo per le pratiche esaminate tra Siena e Grosseto, ha fruttato un guadagno consistente, anche se non ancora quantificato con precisione.

Il denaro raccolto, sostengono gli inquirenti, non è stato solo speso, ma reinvestito. In particolare, parte di quei proventi sarebbe servita ad acquistare un locale commerciale a Grosseto per 51.500 euro. Qui entra in gioco l’accusa di autoriciclaggio: usare i soldi sporchi derivanti da un reato per comprare beni apparentemente leciti, rendendo più difficile risalire alla loro vera origine. Per questo la Guardia di Finanza ha chiesto e ottenuto dal Gip il sequestro preventivo dell’immobile, misura finalizzata alla confisca.

L’operazione si inquadra in un fenomeno che non riguarda soltanto l’immigrazione, ma anche la tenuta del tessuto economico. Colpire i patrimoni costruiti con guadagni illeciti, spiegano dalla Finanza, serve a “salvaguardare imprese e cittadini onesti”, evitando che capitali irregolari entrino nell’economia legale e alterino la concorrenza.

Va ricordato che l’indagine è ancora nella fase preliminare e che, come prevede la legge, le persone coinvolte sono da considerarsi innocenti fino a una eventuale sentenza definitiva di condanna.

Intanto, però, il sequestro segna un passo concreto: la sottrazione di un bene simbolo di ricchezza costruita sull’illusione di centinaia di famiglie che hanno pagato per un futuro in Italia, ritrovandosi al centro di un meccanismo illegale che sfruttava i loro sogni e la loro vulnerabilità.