Pochi giorni fa la Camera ha votato contro l’abolizione delle Province, infiammando il dibattito politico e spaccando l’opinione pubblica tra favorevoli e contrari. Cosa ne pensa?
“Sono d’accordo con chi dice che l’Italia abbia bisogno di una seria riforma del sistema istituzionale che lo renda più moderno, più vicino ai cittadini e meno costoso. Non sono d’accordo con chi, per conquistare un titolo sul giornale o per attirarsi “qualche simpatia in più”, grida all’abolizione delle Province, senza proporre soluzioni alternative alla loro cancellazione. La verità è che in Italia la discussione sulla riforma dello Stato non è mai stata affrontata in maniera seria, si è preferito dare spazio alla demagogia, senza mai entrare nel merito delle questioni. Un po’ come il detto “tutto cambia, niente cambia”.
Ma cosa fanno in concreto le Province?
“Le Province si occupano di viabilità, trasporti, scuole superiori, difesa del suolo, urbanistica, ambiente, protezione civile, rifiuti ed energia. Hanno un ruolo centrale per quanto riguarda la formazione, il lavoro, le attività produttive, il turismo, la cultura, lo sviluppo rurale, le risorse faunistiche e le riserve naturali. In Provincia di Siena, solo per fare un esempio concreto, gestiamo 1.700 chilometri di strade”.
Per quali ragioni secondo lei molti vorrebbero la loro cancellazione?
“Le Province sono enti intermedi la cui attività spesso è meno conosciuta, rispetto a quella dei Comuni con i quali i cittadini si rapportano ogni giorno. Credo però che il ruolo di coordinamento e di programmazione delle Province sia importante soprattutto nelle realtà, come la nostra, caratterizzate da aree vaste, da piccoli comuni e da una vocazione rurale, dove c’è bisogno che sia garantita pari opportunità a tutti i territori. Capisco che nelle grandi aree urbane le competenze della Provincia appaiono più sfumate”.
Ma cosa accadrebbe se da domani le Province venissero abolite?
“Si potrebbero aprire tre scenari. Il primo riguarda il trasferimento delle funzioni delle Province, con sedi e dipendenti, a soggetti terzi, come le vecchie associazioni intercomunali che produrrebbe un moltiplicarsi di enti, un aumento dei costi e rischi di sovrapposizione tra funzioni. In Toscana si eliminerebbero 10 province ma potrebbero nascere dai 40 ai 50 nuovi enti. In questo caso “la medicina sarebbe peggio del male”. Il secondo scenario che potrebbe aprirsi è quello che le Province siano trasformate in unico ente di secondo grado, rispetto al quale l’unica differenza sarebbe quella di non far eleggere direttamente il presidente e il consiglio, riducendo il potere di scelta dei cittadini e rischiando di scivolare nella palude della spartizione delle poltrone. Il terzo scenario, che avrebbe un maggiore impatto in termini di razionalizzazione, sarebbe quello di regionalizzare le competenze provinciali, spostando il baricentro delle funzioni a Firenze e andando però in direzione opposta, rispetto all’idea di federalismo”.
Lei cosa propone? E’ per lo status quo?
“Assolutamente no. Io sono apertissimo al confronto sul merito delle questioni, partendo però dalla consapevolezza che tutte le articolazioni dello Stato devono essere messe in discussione, senza zone franche e conservatorismi. Sarò un po’ demodè ma credo che la più grande innovazione sarebbe quella di tornare allo spirito originario della Costituzione, aggregando su Comuni, Province e Regioni il massimo delle funzioni. In questo modo si eliminerebbero tutti gli enti strumentali, che sono nati negli anni e che hanno creato una proliferazione di poltrone e di costi di cui molto spesso non si parla. Eliminarli consentirebbe allo Stato di risparmiare 2,5 miliardi di euro, una cifra 22 volte superiore a quella che si otterrebbe con l’abolizione delle Province”.
Presidente ma oggi, di fronte a questa antipolitica, come si sente ad essere amministratore pubblico?
“Sono onorato e orgoglioso di rappresentare questa Provincia, un territorio straordinario fatto di grandi eccellenze. E’ chiaro che in momenti come questo, mi pongo anche molte domande su come superare questa distanza tra istituzioni e cittadini. Io ce la metto tutta, come credo ce la stiano mettendo tutta anche gli amministratori dei nostri Comuni che, soprattutto in quelli più piccoli, si assumono responsabilità politiche, civili, amministrative e penali di fatto a titolo di volontariato”.
Cosa si augura per il futuro?
“Mi auguro che ci sia la volontà bipartisan di dare avvio a una seria riforma del sistema istituzionale con lo stesso spirito con il quale i padri fondatori scrissero la Costituzione, con serietà, senza demagogia ma soprattutto guardando all’interesse generale. Mi aspetto che la Toscana, terra dalle grandi tradizioni riformiste, metta in campo una proposta moderna e condivisa di riordino delle istituzioni, dando così una risposta concreta e positiva alle istanze dei cittadini”.
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