“Questa è la mia ultima fuga”. Ecco i dettagli dell’operazione che ha portato all’arresto di Giuseppe Mastini, conosciuto come Johnny lo Zingaro.
Anche i criminali più famigerati, messi a nudo nel proprio aspetto emotivo, diventano come quelle facce da pierrot con la tristezza dietro la maschera. E così è stato anche ieri per Giuseppe Mastini, figlio di giostrai di etnia sinti, un’infanzia dalla Lombardia alle periferie della capitale, ergastolano con due (quelli accertati) omicidi sulle spalle e un lungo elenco di reati gravi che dal carcere minorile lo avevano portato direttamente dietro le sbarre a vita. Già quaranta gli anni scontati nelle patrie galere poi la tentazione si è trasformata in evasione con quell’amore di gioventù che non lo aveva mai dimenticato e proprio il desiderio di stare insieme magari su un bel materasso nuovo, ha tradito l’uomo. Colpito nella sua debolezza e nella passione.
Un arresto non facile, che ha messo insieme oltre cinquanta uomini concentrati alle porte di Siena nel pomeriggio di ieri. Questa mattina i dettagli dell’operazione sono stati resi noti durante la conferenza stampa nella caserma Piave a Siena.
Un’operazione complessa che ha visto la stretta collaborazione di più uffici, dallo Sco alle squadre mobili di Cuneo, Lucca e Siena e dagli uomini del Nucleo investigativo centrale della polizia penitenziaria.
Il criminale, dopo una latitanza lunga un mese, è stato arrestato ieri a Taverne d’Arbia, nella casa popolare assegnata dal Comune di Siena alla famiglia Truzzi. E’ proprio grazie ai contatti con Giovanna Truzzi, donna di etnia Sinti come il resto della famiglia, amore di gioventù del criminale e tuttora sua compagna, che è stato possibile risalire alla posizione del Mastini.
Il lavoro portato avanti dagli uomini della polizia è cominciato il 30 giugno, quando Johnny lo Zingaro, ergastolano detenuto nel carcere di Fossano dal 1989, non si è presentato alla scuola di polizia penitenziaria di Cairo (Savona), dove era stato assegnato per svolgere un periodo di lavoro esterno (quello determinato dall’articolo 21 dell’ ordinamento penitenziario). Ma il 30 di giugno, lo Zingaro sul luogo di lavoro non è mai arrivato né tantomeno è rientrato nel carcere. Immediate sono scattate le ricerche coordinate dalle diverse Procure.
“L’operazione non è stata casuale, ma coniuga il lavoro lungo un mese di vari organi e uomini della polizia. Oltre alla cattura di Johnny lo Zingaro, condannato per numerosi fatti di sangue tra cui l’omicidio di un agente di polizia, ha portato anche all’arresto di 2 persone accusate di favoreggiamento personale e altri reati – spiega il Questore di Siena Maurizio Piccolotti -. Preme sottolineare come questa collaborazione abbia portato al miglior risultato come testimonianza dei livelli elevatissimi degli uffici, sia nei casi particolari che nella quotidianità”.
L’indagine si è subito mostrata nella sua complessità e ieri, dopo aver raggiunto la certezza della presenza di Mastini all’interno dell’abitazione a Taverne d’Arbia, è stato possibile far scattare il blitz che ha portato all’arresto. L’operazione si è svolta in modo pulito ed il latitante, disarmato, non ha opposto resistenza, dopo un primo tentativo di fuga disperata per il tetto.
“Tutti sappiamo chi è Johnny lo Zingaro, ma in pochi ricordiamo chi sono Michele Gilardi, Vittorio Bigi e Mauro Petrangeli. Questi sono i nomi delle vittime uccise o ferite da Mastini e per le quali ci siamo voluti impegnare per evitare che si sottraesse alla giustizia. Ha cercato di scappare arrampicandosi su un muro, ma non ha reagito. Siamo stati fortunati, come invece non lo sono stati Gilardi, 27 anni, agente della polizia scientifica ucciso da Mastini durante un’operazione, e Petrangeli, gravemente ferito nella stessa occasione”. Queste sono le parole del dirigente della Centrale Anticrimine dello Sco della polizia di Stato Alfredo Fabbrocini, doveroso preludio ai dettagli dell’operazione.
L’indagine ha attraversato mezza Italia, a partire dalla ricostruzione degli spostamenti di Johnny da Fossano a Genova, realizzata grazie alle intercettazioni telefoniche e alle celle che il telefono di Mastini agganciava, dai quali risultano i contatti continui con Giovanna Truzzi, 58 anni, evasa a sua volta dagli arresti domiciliari a Pietrasanta, nello stesso giorno di Mastini. Da Genova, il latitante si è spostato a Forte dei Marmi presumibilmente in treno e da lì il telefono è stato spento.
“A questo punto il confronto tra telefonate e tabulati di entrambi è stato fondamentale per dare inizio all’attività che ha portato a ricostruire i contatti. Siamo arrivati a delineare la rete di soggetti vicini ai due e sono partite le indagini dalla provincia di Lucca, fino a capire l’arrivo dei ricercati nella provincia di Siena – ha detto Silvia Cascino, Capo della squadra mobile di Lucca -. Non è stato semplice ricostruire il nucleo familiare della Truzzi, essendo di etnia Sinti e quindi nomadi. Tuttavia, la sorella Esterina ed altri parenti erano stabili nell’appartamento di Taverne d’Arbia già da tempo. Tutti pregiudicati con un notevole curriculum di reati. Giovanna Truzzi, pregiudicata per reati patrimoniali, era agli arresti per furto aggravato e falsificazione di carte di
credito”.L’esame dei tabulati ha permesso anche di individuare i soggetti che costituiscono il quadro familiare della Truzzi e la sua presenza a Siena è stata confermata dall’utilizzo di una postepay. La polizia di Cuneo ha autorizzato l’installazione di una telecamera di fronte all’abitazione che ha permesso di monitorare gli spostamenti degli occupanti.
“L’attesa è stata la parte più complicata. Dovevamo avere certezza assoluta della presenza di Johnny lo Zingaro nell’appartamento ed avevamo la preoccupazione di un’eventuale fuga. Abbiamo proceduto a piccoli passi – prosegue Fabbrocini – Con la scusa di consegnare un materasso, siamo entrati all’interno dell’abitazione che ci ha permesso di capire come era organizzato lo spazio. Mastini poteva cercare di fuggire sui tetti ed è stata necessaria la quadratura di tutta la zona”.
Più di mille i contatti tra Johnny e la Truzzi nell’arco di un mese, contatti che si sono dimostrati fatali per il latitante e fondamentali per le indagini. La relazione tra i due sarebbe nata ancor prima che Mastini finisse in carcere per la prima volta e si è protratta nel tempo fino a questo momento. Proprio la compagnia della donna e della sua famiglia, probabilmente, hanno trasmesso quella sicurezza a Johnny lo Zingaro che lo ha portato a commettere i passi falsi utili alla polizia. Proprio da Giovanna Truzzi, infatti, sono partite le indagini.
E’ stata fondamentale la collaborazione degli uomini messi a disposizione dalla questura di Siena: “Abbiamo fornito il nostro contributo in termini di conoscenza del territorio, dei luoghi e delle persone coinvolte – afferma il commissario capo Enzo Tarquini -. I nostri colleghi hanno eseguito sopralluoghi in modo molto discreto che ci hanno concesso una precisa mappatura del luogo e la conoscenza dell’interno dell’appartamento”.
Katiuscia Vaselli
Arianna Falchi