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Il 17 dicembre del 1686 l’Opera di Santa Maria in Provenzano delibera di accogliere la donazione fatta dal conte Paolo Amerighi di una bandiera di origine turca. La Collegiata di Provenzano potremmo definirla davvero la “chiesa delle bandiere”, alcune lasciate come ex voto per essere tornati salvi da guerre, come lo stendardo del quale parleremo stamani, ma la bandiera Marescotti che si trova a sinistra dell’altare maggiore, poi anche se rimane solo l’epigrafe era stata destinata a Provenzano, nel 1902 una bandiera che proveniva dalla rivolta cinese dei Boxer oltre al vessillo che si trova all’ingresso e proviene dalla Fortezza Medicea e che venne offerta alla Vergine miracolosa dal granduca Pietro Leopoldo di Lorena. Ma questa è altra storia, torniamo all’Amerighi.
Nel 1683 il giovane di nobile famiglia, appena diciassettenne decise di arruolarsi nell’esercito dell’imperatore Leopoldo I, guidato da Carlo V duca di Lorena, nella campagna per la liberazione del popolo ungherese, a quel tempo sottomesso al sultano turco Maometto IV. Il 13 agosto 1685 le truppe austriache sconfiggono i turchi in Ungheria, nella pianura di Esseck. In quell’occasione Paolo Amerighi si distinse uccidendo il porta-insegne nemico e sottraendogli lo stendardo. Il comandante, in segno di gratitudine per il coraggio dimostrato in battaglia gli dona l’insegna conquistata sul campo. Dopo quest’impresa, Paolo Amerighi rimane ancora un anno nelle file imperiali. Nel 1686 partecipò valorosamente alla conquista da parte dell’esercito austriaco della città di Buda, fino allora in mano ai turchi, e in quella circostanza viene seriamente ferito. Nel dicembre di quell’anno ottiene di tornare a Siena e in questo 17 dicembre 1686 chiede di donarla alla Madonna di Provenzano, come ringraziamento per avergli salvato la vita in battaglia (si legge nella delibera: “come anco esser libero da molti pericoli soprastatili in diverse fattioni, e riconoscendo questi singolari favori dalla protettione della Beatissima Vergine”) e averlo fatto ritornare in patria. Lo stendardo che adesso è conservato nel deposito della Collegiata in attesa di un adeguato restauro fino alla fine dello scorso secolo (prima dei restauri del 2000) era esposto nel transetto sinistro tra l’epigrafe che ne ricorda la donazione e la sua lapide tombale.
Nell’epigrafe, che è ancora sul pilastro del transetto sinistro, si legge (in latino) che “Per la maggior gloria di Dio/sconfitto e ucciso il vessillifero turco/ nella battaglia di Eszeck del 1685/ il cavaliere della milizia all’età di 18 anni/volle donare questo trofeo/alla Vergine Maria”, mentre la lapide tombale (Paolo Amerighi muore nel 1721, forse a Vienna) viene donata quando, nel 1870, è demolita la chiesa di Santa Maria de Bardi, detta Santa Maria Sopr’Arno, dove si trova il monumento funebre. Il sarcofago con il corpo di Paolo Amerighi riposa, invece, nella chiesa di San Giuseppe, uno degli oratori della famiglia, nella Villa Casa Bianca a Sant’Agata di Mugello. Tra l’altro, nel 1722, un anno dopo la morte, è registrata una nuova donazione a suo nome. Viene inviata al canonico della Collegiata, che all’epoca era un suo cugino di nome Antonio, il ricavato di “92 scudi e tre lire di due premi del lotto o ventura toccati in sorte al Conte Paolo Amerighi, patrizio senese, residente a Vienna, da destinare all’acquisto e fattura di una muta di candelieri di bronzo con la Croce e il Cristo per l’altare maggiore.” Effettivamente vennero realizzati ma sembra che durante la seconda guerra mondiale alcuni sono stati portati via. Tre, con lo stemma dell’Amerighi, sono in Provenzano come la croce d’altare che si espone ancora durante la Quaresima.
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