L’istituzione della Biblioteca comunale degli Intronati è partner della mostra dedicata al cardinale senese Antonio Casini, che sarà inaugurata sabato 22 maggio nella cripta del duomo di Siena
Il cardinale Antonio Casini, raffinato prelato, grande committente di opere d’arte, principe della Chiesa, già canonico della cattedrale di Firenze, governatore di Bologna e della Romagna, vescovo di Pesaro e poi di Siena tra il 1408 e il 1426, commissionò probabilmente proprio nel 1426 -anno in cui fu elevato al cardinalato da papa Martino V- l’opera al centro della mostra: la Madonna del solletico di Masaccio (1426-1427).
Casini fu, inoltre, tesoriere di papa Gregorio XII, una figura cruciale non solo per la storia personale e politica del futuro cardinale, che da lui fu nominato vescovo e al quale rimase sempre legato in un rapporto di sincera e leale amicizia, ma anche per l’intera città di Siena dove, fatto di certo non ordinario, il papa soggiornò stabilmente tra il 1407 e il 1408. A lui dobbiamo un episodio fondamentale per la storia del complesso di via della Sapienza, ossia l’emissione di 8 bolle papali che portarono alla definitiva trasformazione della Domus Misericordiae , con le relative rendite, in Domus Sapientiae , la Casa della Sapienza, futuro fulcro dello studio senese e attuale sede della Biblioteca comunale degli Intronati. Nel periodo dell’episcopato senese del Casini, Jacopo della Quercia era impegnato a scolpire, proprio in prossimità dell’appartamento del vescovo e quindi sotto il suo colto sguardo, i rilievi della Fonte Gaia, simbolo civico della città. È verosimile, quindi, che il Casini, da raffinato mecenate delle arti quale era, abbia in qualche modo partecipato, anche indirettamente, alla stesura del complesso programma iconografico rappresentato nei rilievi della celebre fonte.
Fu proprio Jacopo della Quercia a ritrarre Antonio Casini in un rilievo marmoreo proveniente dalla cappella di San Sebastiano in Duomo raffigurante la Madonna col Bambino e il cardinal Casini introdotto da sant’Antonio (1437-1438), oggi conservato al museo dell’Opera del Duomo e anch’esso esposto in mostra. Quest’ultima si delinea come una antologia delle committenze artistiche del potente cardinale senese e permette di tracciare la parabola culturale di un umanista che fu anche uno dei maggiori politici del suo tempo, tanto da essere appellato nel 1423, dal diplomatico di Siena Andreoccio di Marco Bindi, “lo altro papa”. Tra le opere in mostra anche un prezioso Missale romanum proveniente dalla Biblioteca comunale degli Intronati.
Il codice proviene dalle ‘scanzie’ della sagrestia del duomo di Siena ed è già presente in un inventario dell’Opera della Metropolitana di Siena del 1439, anno della morte del cardinale. Proprio in questo registro è descritto come “uno messale bello, quasi come nuovo, co verto di velluto azurro figurato con afibbiatoi d’ariento dorato di valuta”. Il manoscritto era stato originariamente destinato per volontà testamentaria al titolo di San Marcello a Roma, di cui il Casini era cardinale presbitero; tuttavia lo stesso porporato, un anno prima della morte, aveva modificato le proprie volontà e lasciato il codice alla cattedrale di Siena.
Il Messale era stato commissionato dal Casini in seguito alla prestigiosa nomina a cardinale. Il suo stemma, uno scudo con sei stelle rosse su campo giallo, diviso a metà da una banda nera con croce dorata al centro sormontata da un cappello cardinalizio, ricorre frequentemente nell’apparato decorativo del codice, straordinariamente pregiato se si pensa che vi si conservano più di centoventi iniziali istoriate e figurate e circa duemila decorate. Lo stesso stemma è raffigurato sul retro proprio della tavola raffigurante la Madonna del Solletico di Masaccio, una sorta di cifra del grande mecenate senese. Nel Messale il cardinale è rappresentato nelle vesti di committente inginocchiato ai piedi della croce nella scena della Crocifissione, insieme alla Madonna, a San Giovanni Evangelista e alla Maddalena.
Antonio Casini sarebbe ritratto anche in uno dei capilettera, quello raffigurante San Gregorio Magno nell’atto di celebrare la messa. Le miniature sono riferibili a un unico artista, attivo a Siena, dalla personalità originale e multiforme, che riecheggia, sì, i modi della cultura tardogotica di area padana ma che conosce anche le novità fiorentine e i tratti caratteristici della pittura e della scultura senesi. Il manoscritto, insieme ad altri libri e codici manoscritti dell’Opera della Metropolitana, giunse alla Biblioteca comunale nel 1761 e fu preso in consegna dal bibliotecario, l’abate Giuseppe Ciaccheri. Lo stesso Ciaccheri ne fornì una prima descrizione, datata 27 aprile 1761, nel Catalogo de’ Libri e Codici Latini manoscritti trasportati dalla venerabile Opera Metropolitana in questa pubblica Libreria .
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