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La caduta del muro: un imprenditore senese a lavoro a Berlino racconta quei giorni

Il 9 novembre 1989 cadeva il muro di Berlino, il grande segno della cortina di ferro, della guerra fredda. Un vero e proprio scontro tra due mondi che non sapevano dialogare, anche a livello economico. Qualche giorno dopo l’imprenditore senese Luigi Borri andò per lavoro a Berlino. E ricorda così quei giorni del ‘nuovo mondo’.

“ Sono quelle situazioni che ti fanno capire : la prima che non sei più giovane , la seconda che (un pó) hai vissuto la storia. Non ero a Berlino quel 9 novembre. Ci andai qualche giorno dopo, per lavoro, con il mio socio Marco Pedani. Perché c’era da vendere, da lavorare e, come si disse, “si va a vedere che c’è di là”. Non ricordo bene da dove si prese l’aereo. Forse Pisa, forse Roma. S’ atterrò a Berlino e non avevamo albergo. Ma l’occasione era giusta. C’era il Funkaustellung ( la fiera dell’ elettronica) ma ci interessava il giusto. Ci intrigava “ cosa c’era di là”, e prendemmo l’albergo a Pankow, perché così si chiamava. La sera arrivammo e davanti l’hotel, un cinque stelle che costava meno di una pensione a Graccisno, c’erano le Trabant e le Zastava. C’erano persone con occhi gonfi di gioia. Ed una festa al quinto piano. Non eravamo invitati ma andammo . Nessuno ci chiese chi eravamo , esuli in una città che voleva accogliere. Le ragazze, alla festa, erano bellissime e ridevano. Ridevano sempre. Mangiammo poco, non era roba che incontrava i nostri gusti, ma rimanemmo fino a tardi. La loro voglia di i vivere (come la nostra curiosità) era morbosa, assurda. Il giorno dopo andammo alla fiera, il tempo necessario per salutare, ma poi ci tuffammo in Alexander Platz e nelle vie del centro di Pankow, perché non era ancora Berlino. Lo stadio, le persone, i pochissimi locali ed un ristorante dove mangiammo l’unica cosa che offrivano: maiale con verdure. Per mezzo marco, perché ancora non c’era il cambio. Tornammo in Italia, dopo un incidente avuto con uno spartitraffico causa un tassista alticcio alle 7 di mattina. Conoscemmo persone e vendemmo molto, in quel paese. Ecco, a quei tempi c’era voglia di fare, di conoscere, di integrare. Oggi non so. So solo che, forse, sono stato uno dei primi ad andare di là . E a trovarmici bene “

K.V
Foto d’archivio

marco crimi

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marco crimi

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