Il 27 luglio 1735 iniziano i lavori della nuova facciata della chiesa di San Giorgio, voluta e finanziata dal cardinale Anton Felice Zondadari, fratello dell’allora arcivescovo di Siena Alessandro. La facciata viene realizzata in travertino proveniente dalle Serre di Rapolano, sotto la direzione del capo mastro senese Antonio Fondi. Nel maggio del 1738 i lavori sono ormai terminati, anche se si deve attendere il 19 novembre 1741 per officiare nuovamente la chiesa, i cui ornamenti, stucchi e pitture richiedono più tempo del previsto. Nel frattempo Anton Felice Zondadari muore, ma lascia per testamento il denaro necessario per finanziare l’intera opera. Alla prima funzione celebrata nel nuovo edificio, officiata dal decano del Capitolo del Duomo, è presente l’Arcivescovo Alessandro Zondadari per rappresentare la famiglia che tanto si era prodigata per questo edificio religioso. Citata per la prima volta nel 1081, la chiesa di San Giorgio venne ricostruita in luogo della più antica nel 1262, per solennizzare il Santo protettore dell’esercito ghibellino nella battaglia di Montaperti, tanto che nel suo campanile, ancora esistente seppur rimaneggiato, secondo la tradizione, si aprirebbero 38 finestrelle in ricordo del numero di compagnie che presero parte allo scontro. Dopo aver ospitato la Congregazione dei Sacri Chiodi fondata da Matteo Guerra, che lì venne sepolto nel 1601, nel 1666 vi fu trasferito il Seminario Diocesano. Ai primi del Settecento il cardinale Anton Felice Zondadari inizia il suo impegno nel far restaurare l’intero edificio: i primi lavori risalgono al 1723, il 17 gennaio 1729, poi, viene demolito il vecchio altare maggiore ed infine il 9 settembre 1731 si consacra la nuova chiesa, con la facciata già completamente trasformata in stile neoclassico su progetto di Pietro Cremoni di Arosio, ospite a Siena di Giuseppe Mazzuoli. Non ancora soddisfatto, il Cardinale Zondadari, vuole rendere San Giorgio ancora più bella e decide di impreziosire sia gli interni che la facciata con i lavori iniziati in questo giorno.Â
Maura Martellucci
Roberto Cresti