Vicino a Pian dei Mantellini, è stata dedicata anche una via alla Diana, fiume “fantasma” mai trovato dai Senesi. Proprio in questa strada si trova una lapide che riporta i versi di Dante sul celebre fiume di Siena. Queste parole, scritte dal poeta Alighieri e pronunciate per bocca di Sapìa, nobildonna senese, si trovano nel XIII canto del Purgatorio, e testimoniano la grande fama che vi era in quei tempi sulla storia che questo fiume sotterraneo.
A quanto si legge su molti vecchi testi, ci furono due motivi che convinsero i senesi a cercare un fiume sotto la nostra città: il primo ancora oggi verificabile, sta nel fatto che quasi tutte le pareti delle cantine che si trovano in Pian dei Mantellini e Porta San Marco emanassero abbondante umidità. Il secondo, l’aver sentito più volte e sempre nella stessa zona il rumore dello scorrere di un fiume e c’è chi giura di averlo sentito spesso fino agli anni settanta/ottanta quando il silenzio della notte lasciava la possibilità di udire i più piccoli rumori.
Tutta la città iniziò a pensare che il fiume facesse il suo corso sotto Siena, e trovarlo avrebbe risolto totalmente i problemi idrici della città. Si pensava che il percorso andasse da Porta Ovile a Porta San Marco. Infatti anche in molte zone adiacenti a Ovile i rumori del fiume erano affiorati alle orecchie di molti abitanti della zona.
Le ricerche del mitico corso d’acqua chiamato da subito Diana, iniziarono nel 1176 per merito dei frati del convento di San Niccolò del Carmine e li, in quella zona fu scoperta una vena d’acqua (a 60 braccia di profondità) che venne usata per un pozzo chiamato, “pozzo della Diana“, ad oggi visibile e ben tenuto. I frati non si fermarono li e chiesero l’intervento di rabdomanti e astrologi. Provarono a tracciare il percorso della Diana che sembrava andasse da Ovile in direzione sud/ovest passando sotto il Duomo fino ad arrivare in San Marco per poi immettersi nel fiume Tressa all’altezza dell’attuale zona di Massetana. Ma perché solo in due zone del percorse del fiume fantasma si sarebbe sentito lo scorrere delle sue acque e non si sentirebbe il rumore nel resto della città? Semplicemente perché Ovile e San Marco sono più in basso rispetto alle altre zone collinari per cui il suono dovrebbe attraversare più terra, disperdendo il suo rumore.
Nel 1295 si ha notizie sul fatto che il Comune volle ancora proseguire la ricerca e per fare ciò furono creati dei cunicoli sotterranei che vennero anche usati per portare acqua alle fonti il cui nome sarà fin da subito “bottini”.
Una leggenda narra che i guerchi (coloro che erano incaricati di scavare i tunnel sotterranei) fossero persone praticamente cieche a causa delle tante ore di lavoro al buio e si racconta che spesso scappavano alla luce del giorno perché spaventati per aver visto strani esseri che uscivano all’improvviso dalle viscere della terra. Le creature che si diceva abitassero i bottini erano gli omicciuoli, folletti buoni e danzerini, e i fuggisoli, piccoli esseri molto cattivi e dispettosi che creavano lampi accecanti prima di scomparire di nuovo nel buio.
Per questo nelle pareti dei bottini sono visibili ancora oggi croci incise nella roccia e statuette della Madonna in terracotta a testimoniare il terrore degli uomini che vi lavoravano.
Insomma l’acqua del sottosuolo c’era e non era affatto scarsa però non si trovò nessuna prova dell’esistenza di un vero e proprio fiume sotterraneo.
Con il passare degli anni le ricerche ufficiali del fiume furono abbandonate ma non il suo ricordo infatti ancora oggi, il rullo dei tamburi durante la Passeggiata storica si chiama “passo della Diana” in onore del leggendario corso d’acqua.
Gabriele Ruffoli
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