La giustizia al tempo del Covid-19 mostra tutte le sue criticità e rallenta (se mai ce ne fosse stato bisogno) il ‘cammino’ dei processi.Tratteggiare quanto sta accadendo anche nei tribunali della nostra città induce ad una riflessione amara.
La giustizia è stata colta impreparata dallo stop imposto dal governo. Nell’immediatezza era stato deciso di fare i processi penali da remoto ma l’idea era stata scartata dopo che in rete era girato un filmato dove si vede il giudice a casa e dall’altra parte l’avvocato chiamato a difendere l’imputato. Ad un certo punto nell’inquadratura compare un uomo e il legale chiede: “chi è quello?” Il magistrato tranquillamente risponde che è suo marito intento ad accendere il fuoco. E’ il caos. L’avvocato si accalora e chiede che tutto venga sospeso. Non sappiamo se quel video diventato virale sia vero oppure no.
Una domanda sorge comunque spontanea: potrebbe accadere? Può darsi, chissà. Fatto sta che i giudici del penale nella nostra città hanno optato per altre strade. Hanno alleggerito i ruoli. Il minor numero di processi ha naturalmente allungato i tempi per giungere ad una sentenza di primo grado, ma questo consente di esperire i dibattimenti personalmente. In fin dei conti le aule nel palazzo di giustizia di viale Franci sono abbastanza spaziose e consentono il distanziamento sociale. In più il procuratore capo Salvatore Vitello ha già richiamato tutti i sostituti procuratori riprendere i loro carichi lavorativi. La situazione al civile invece è, a dir poco, complessa. Se non fosse che stiamo parlando di giustizia (un argomento serio dove sono in ballo problematiche importanti che vanno a ricadere sulle persone) verrebbe da definirla paradossale.
Nell’immobile di Camollia avvocati e loro clienti non possono entrare. E’ tutto chiuso ormai da due mesi. E allora come si affrontano le cause? Intanto non c’è più contraddittorio visto che tutto avviene per via telematica e di conseguenza si annulla il ruolo dell’avvocato. Quest’ultimo è chiamato a presentare memorie scritte, ma pare che le pec siano state aperte solo in parte e in alcuni casi “a macchia di leopardo” vale a dire senza rispettare l’ordine temporale degli invii. Ma chi doveva aggiornare i ruoli, aprire e leggere la posta certificata? I cancellieri sono tutti a casa era stata data loro la possibilità del telelavoro? Non lo sappiamo. Unica cosa certa è che non sono intenzionati a rientrare se non hanno la certezza che gli ambienti (nell’immobile di Camollia le aule sono piccole e altrettanto dicasi per gli uffici) sono stati sanificati e quindi sono sicuri per la loro salute. Ebbene in teoria (ma solo in teoria) si dovrebbe ripartire il prossimo 12 maggio ma la realtà induce al pessimismo. Il tutto naturalmente si ripercuote sulle parti e l’avvocato sembra destinato a diventare uno dei tanti fantasmi che popolano la giustizia. Così (permettete l’ironia)arriveremo forse “all’esperto risponde” visto il vanificare la professionalità e le capacità di un avvocato? A fronte di tutto questo il consiglio dell’Ordine degli avvocati di Siena ha stabilito di indire in videoconferenza un’assemblea dei propri iscritti (si terrà tra qualche giorno) per affrontare in maniera decisa il problema. Una cosa è certa la “giustizia deve essere credibile” come aveva più volte detto Giorgio Bocca e per esserlo ha bisogno del rispetto dei ruoli di tutte parti in causa e ciascuno deve fare il proprio dovere, altrimenti è il caos. E in questo momento non ce ne è davvero bisogno.
Cecilia Marzotti