La “casa del futuro” non può essere un resort, né una città isolata e distrutta. Per Luca Verzichelli, docente dell’Università di Siena, il futuro della Striscia di Gaza deve poggiare su basi politiche solide: “Se gli attori internazionali riuscissero a riprendere un po’ della loro reputazione e capacità, la casa del futuro dovrebbe essere parte di uno Stato palestinese. Non spetta a me dire quanto dovrebbe essere grande, quanto collegato al fiume o al mare, ma deve esserci un riconoscimento. La logica è quella dei due Stati, perché Israele è una creazione dell’Occidente: sappiamo bene perché è stato creato e con quali condizioni, e quella storia va difesa. Dall’altro lato, ora c’è un impegno che questa immensa tragedia ha comunque risvegliato: accanto al popolo israeliano ci deve essere uno Stato palestinese. Bisogna ripartire da lì”.
Le parole arrivano all’indomani del “sì parziale” di Hamas alla proposta di pace americana, trasmessa da Israele, che apre uno spiraglio dopo mesi di guerra. Ma la partita è ancora tutta da giocare. “Per il momento c’è un’offerta unilaterale — spiega Verzichelli — non sappiamo cosa ci sia in mezzo oltre al rilascio degli ostaggi e alla cessazione delle operazioni militari”. Dall’altra parte, “non sono note le contromosse di Hamas, essendo le due parti totalmente schermate”. Da qui la prudenza: “Lo dobbiamo per la memoria di chi ha già pagato una guerra assurda”.
Nel piano, Donald Trump gioca un ruolo centrale: è l’amministrazione statunitense a farsi tramite della proposta israeliana. Verzichelli sottolinea come l’ex presidente abbia costruito attorno all’iniziativa “una narrazione fortemente autocelebrativa”, culminata nel suo intervento alle Nazioni Unite. “Non è stato un discorso, ma un comizio di 57 minuti in chiara ostilità verso la stessa organizzazione”, ricorda. Attorno alla sua figura si moltiplicano le voci, comprese quelle — non ufficiali — che evocano un possibile Premio Nobel per la Pace se l’accordo dovesse andare in porto. “Ha parlato di Nobel, ma ci sono molte altre persone che lo meriterebbero ogni giorno”, commenta Verzichelli.
Accanto a lui, in posizione più defilata ma significativa, si muove Tony Blair. L’ex premier britannico, già mediatore in Medio Oriente, è indicato da settimane come possibile figura chiave per la fase post-accordo, in particolare per la gestione internazionale della Striscia. Verzichelli però invita a leggere il suo ruolo con realismo: “È un tentativo diplomatico del tutto strumentale e usato retoricamente. L’eventuale autorità di transizione sarebbe telecomandata dall’amministrazione americana, molto benevola verso l’attuale governo israeliano”.
Marco Crimi