Immersa tra le crete Senesi, nella zona più aspra, troviamo la Pieve di San Martino in Grania o più anticamente “Ligrania” che stava ad indicare una zona collinare compresa tra i comuni di Asciano e Monteroni d’Arbia, una zona dove i calanchi e qualche laghetto si alternano alla terra coltivata.
San Martino in Grania fu a partire dal 1200 un piccolo comune del contado Senese e aveva anche un proprio “sindico” e la sua propria chiesa. Il Comune, rimase tale fin quando non si riuní sotto la comunità di Asciano con Decreto granducale del 2 Giugno 1777. Intorno all’antichissima Pieve, sono presenti degli edifici che risultano già esistenti e testimoniati nell’anno mille, mentre la Pieve stessa è addirittura antecedente di circa 200 anni. Altri edifici invece, purtroppo risultano scomparsi, come la chiesa di Piscinarotonda ed il Castello di San Martino che doveva trovarsi nelle immediate vicinanze della Pieve.
Quello che ci permette di risalire alla fondazione della chiesa è uno scritto in cui il figlio di Carlo Magno, fondatore di Santissimo Abundio a Costafabbri nell’anno di Nostro Signore 801, scrisse che “la Pieve di Grania sarebbe stata aiutata e sostenuta in cambio di cibo e alloggi per le 12 suore dell’Ordine Benedettino” e queste notizie ci vengono confermate anche dalle cronache di suor Giuditta Luti che scrisse sul finire del 1500.Intorno al 1040, un piccolo numero di frati dell’Abbazia di San Salvatore sul monte Amiata venne redatta in San Martino “dicto Grania” e fu scritto in un contratto, col quale Guido figlio di altro Guido, e Ildebrando figlio di Ranieri dei signori di Sarteano promettono ad Alpichiso, abate del monastero di S. Salvatore del monte Amiata, di non molestarlo nei beni che il suo monastero possedeva nel contado di Chiusi.
Da qui in poi le testimonianze sulla pieve e sull’abitato si susseguono a dismisura e c’è anche da dire che la comunità di S. Martino in Grania doveva esser ritenuta di una certa importanza visto che nel 1287 da Siena venne nominato un Podestà per amministrarla ed in questo caso fu designato tale Leoncino Squarcialupi. Le documentazioni della chiesa finiranno intorno al 1750 anche se pare che fosse andata avanti per qualche altro anno…
Ad oggi purtroppo la struttura è oramai in pieno degrado. Non c’è più il tetto caratteristico a navata unica e non c’è neanche più traccia delle antiche colonne e dei suoi capitelli che, nonostante i vari crolli, erano comunque ancora visibili. La zona intorno è praticamente deserta, non vi abita più nessuno, solo qualche famiglia lavora ancora quella terra ma vive a qualche chilometro di distanza. Sono andato in cerca di notizie e di storie e proprio in un casolare della zona ho avuto la fortuna di trovare Rinaldo e Agostina, due signori ultra ottantenni molto gentili (che ringrazio di cuore) che stavano preparando i pomodori pelati alla vecchia maniera. Durante il loro lavoro mi hanno raccontato una storia: un giorno un contadino molto povero incontrò un viandante nella strada sotto la Pieve, si misero a parlare e quest’uomo vedendo il contadino così povero gli regalò cento monete d’oro, il contadino non sapendo cosa fare, nascose i soldi sotto il letame, sicuro che lì nessuno li avrebbe mai toccati. La mattina dopo scoprì con grande sorpresa che la moglie aveva venduto il letame e con esso anche le monete.
Disperato si recò a fare una passeggiata in solitudine e incontrò nuovamente l’uomo misterioso, che gli rese altre cento monete. Il contadino le nascose sotto la cenere del camino ma stessa sorte toccò all’oro quando la moglie pulendo i carboni li dette via.
Il povero contadino sconsolato e scoraggiato si recò nel bosco e di nuovo spuntò l’uomo che stavolta gli regalò un sacco con del pesce. Il contadino non sapendo che farsene lo barattò con un bel pezzo di agnello, la sera lo mise ad essicare fuori dalla porta e se ne andò a dormire. Durante la notte si scatenò una tempesta tremenda, vento furioso, pioggia, lampi e tuoni. L’indomani il contadino vide arrivare a casa sua una schiera di cacciatori con dei doni. Perplesso chiese il perché. Inconsapevolmente li aveva salvati tutti, l’agnello che aveva appeso alla porta si era illuminato, facendo loro da guida per salvarsi dalla terribile tempesta.
Articolo e foto: Gabriele Ruffoli