La preghiera

Dall’avvallamento gremito di case che l’ombra ormai colmava, saliva il vocìo che presto si sarebbe distinto in canti; all’orizzonte intanto nuvole di blu plumbeo variegavano il cielo insieme agli acquitrini celesti senza stelle e ai bagliori ambrati che trattenevano il sole.

L’irto profilo della città si distendeva, nero e rugginoso, a cingere la vista. La notte avanzava. I convivî contradaioli si accendevano vie più. Sotto la mole della basilica, che sembrava fatta di buio, uno ne bruiva con impennate di dolce veemenza che si innalzavano sempre più ebbre; altri rispondevano da zone diverse della città, celate oltre i poggi o gli infossamenti: bastava l’aria ne portasse il clamore, perché venissero uditi durante le tregue al vociare e al prossimo cantare. Quell’uno era il convito del cui vocìo si è detto all’inizio, dal quale risaliva, lèllero per la via tortuosa, un uomo che non badava al suolo ma, con gli occhi fissi verso l’alto, sembrava innamorato di un tetto.

Intorno, come i bracieri di un sacrario effondono aromi rituali, il fumo fluttuante delle grigliate spargeva l’afrore di carni abbrustolite. L’uomo non aveva abbandonato i commensali: soltanto, poiché la loro contrada il giorno dopo avrebbe corso il Palio, si era mosso per cercare solitudine e raccoglimento: il vino già bevuto in gran quantità aveva intenerito e commosso il suo animo, ed una traboccante apprensione per l’esito della carriera aveva destato in lui il sentimento religioso e il bisogno di chiedere soccorso.

Giunto in capo alla strada si fermò, e osservando tutto solo le stelle al di là dei cornicioni disse, invocando il nome del Santo patrono della sua contrada:
«Ascolta! La preghiera è quella che ti rivolgo tutte le volte, questa però è quella che mi devi far contento! Domani facci vincere! Mandami un segno, così stanotte continuo a bere e poi dormo tranquillo».

Era una richiesta semplice, e subito l’uomo udì una voce nello spazio aereo tra le alte case parlargli: «Ti voglio esaudire perché sei briaco: sobrio non saresti stato altrettanto sincero e devoto. Ma ora torna indietro e vai a cantare con tutti gli altri!».

Testo: Andrea Laiolo

Illustrazione: Riccardo Manganelli

Andrea Laiolo nasce ad Asti nel 1971. Si laurea con una tesi sulla valenza scenica del verso alfieriano, vincitrice del Premio Alfieri nel 1999. La sua prima silloge poetica è del 2004, seguita da altre, le ultime delle quali sono Aurea Ora (Bertoni 2021) e Nella schiusa rosa dei venti (Controluna, 2023) che contiene anche testi di Mario Marchisio e Bartolomeo Smaldone; ha inoltre pubblicato testi teatrali e vari interventi saggistici. Del 2022 è I figli del mattino (Readaction Editrice), raccolta di racconti ispirati agli antichi pittori della Scuola Senese e alle loro opere: il più recente pannello appartenente a un lavoro letterario che ha avuto fin dall’inizio la città del Palio tra i suoi principali oggetti, e già sfociato in una raccolta poetica interamente dedicata: La città della Festa, Achille & La Tartaruga, 2016)