Riceviamo e pubblichiamo l’intervento di Mauro Marzucchi, ex vice sindaco, ex assessore ed ex consigliere comunale
Secondo quanto scrive Panorama, le aziende italiane con sede fiscale in Olanda (circa 15.000) eludono circa 30 miliardi di euro, ogni anno, di tasse che naturalmente dovrebbero essere pagate in Italia.
Tra queste società ve ne sono alcune (Eni, Enel, Saipem) nelle quali il Mef è socio di riferimento. Ma il caso davvero emblematico è l’Enel.
Una azienda costruita con i soldi pubblici e con i ricavi delle bollette dei cittadini, che si comporta come l’ultima delle aziende private.
Gli utili del 2024 di Enel ammontano a oltre 7 miliardi. Saranno ancora 7 miliardi nel 2025. Alla faccia della crisi del settore energetico, che appesantisce le bollette alla piccola e media impresa e alle famiglie.
La consolazione potrebbe essere il vedere forti investimenti per un futuro con meno costi e meno rischi per l’ambiente. No. O non solo.
Questi utili saranno distribuiti per il 66,7% agli azionisti.
Una remunerazione del 4,6% del capitale investito dai “risparmiatori”, magistralmente così definiti nonostante che la ricchezza, in Italia, sia per l’81% ereditata. Una prima osservazione: nella crisi finanziaria in cui versa il nostro Paese è giusto non incassare 30 miliardi (ma se fossero la metà o ancora meno non cambierebbe nulla) da aziende italiane ed in particolare da quelle a controllo statale? Ci sono vincoli o ristorni che non emergono? Oppure c’è un sottrarsi ai controlli, o solo lo “sfruttare” il fatto che l’Olanda, ha aliquote più basse e legislazione più blanda.
Seconda osservazione: Enel ha 60.000 dipendenti. Un aumento, per ognuno di loro di 10.000 euro avrebbe comportato un aumento medio di 400 euro al mese per dipendente e allineato i loro stipendi all’aumento del costo della vita. Soldi che in gran parte sarebbero stati spesi in cibo, ferie, cultura,0 altro. Il costo per Enel 600 milioni di euro. Gli azionisti avrebbero avuto comunque una remunerazione del 4,2%.
E l’Inps e lo Stato avrebbero ricevuto entrate importanti ( circa 300 milioni). Un aumento eticamente dovuto, e che, se replicato per tutte le aziende in salute mitigherebbe il problema degli stipendi che non crescono, e quello dei conti dello Stato.
Chi scrive non ha una cultura dirigista. Crede che la libertà, compresa quella di impresa, sia alla base di una società prospera. Ma l’impresa ha anche un ruolo sociale. Non solo perché gode della libertà, e spesso del sostegno pubblico, ma perché un sistema economico libero non può fare a meno della responsabilità di tutti gli attori. Aziende comprese. Una sistema che ha come scopo solo la massimizzazione del profitto sostiene una società dove le differenze si accentuano, e accompagnano instabilità e ingiustizie.
Chi scrive non è neppure ingenuo ( o comunque lo spera) e sa benissimo che i capitali si muovono solo per convenienza, ma la politica può e deve trovare gli strumenti per attenuare l'”egoismo” con risposte adeguate, tali da far prevalere l’interesse pubblico.