I rischi ci sono ma vanno tradotti in opportunità e quindi, secondo Domenico Prattichizzo, docente del dipartimento di ingegneria dell’informazione dell’Università di Siena, la sfida con l’intelligenza artificiale per l’uomo sarà duplice: “dovremo imparare che le macchine non ci stanno rubando il lavoro e che addirittura queste potrebbero aiutarci a lavorare meno, se ci abituiamo a sfruttarle al meglio come strumenti che ci possono venire in aiuto. Inoltre – spiega – dovremo sviluppare un nuovo modello socio-economico, a cui però ad ora forse non siamo pronti. Quella dell’IA è una sfida globale, non dobbiamo limitarci ad affrontarla a livello locale”.
Pratichizzo ha parlato a qualche giorno di distanza da quando Geoffrey Hinton, considerato il ‘padrino’ dell’intelligenza artificiale, ha comunicato di aver lasciato il suo ruolo in Google per poter dire liberamente la sua sull’IA. “In questo momento ” i sistemi “non sono più intelligenti di noi, per quanto ne so. Ma penso che presto potrebbero esserlo”, ha twittato Hinton il cui gesto ha imposto un’ulteriore riflessione sul mondo dell’intelligenza artificiale, sull’impatto che ha su di noi e sui rischi potenziali che può portare.
“Dovremo investire su organismi sovranazionali che diano regole d’indirizzo ai singoli stati, come ad esempio riequilibrare il numero delle ore di lavoro con gli strumenti avanzati, senza per questo dover diminuire gli stipendi. Anzi potremmo addirittura alzarli”, ha aggiunto Pratichizzo sul merito della questione.
Legato all’ argomento c’è ChatGpt, il software di linguaggio generativo che simula una conversazione con gli esseri umani. Chiaro è come la presenza di uno strumento del genere possa rivoluzionare interi settori ed in particolare quello dell’informazione: ChatGpt è un programma molto veloce a scrivere ed è rapido anche nella redazione degli articoli, per cui c’è chi pensa che possa cambiare il mondo del giornalismo. I più critici però sostengono addirittura che possa “uccidere” il giornalismo stesso.
“Prima gli articoli venivano scritti da esperti. Ora sono sempre gli esperti a scrivere i pezzi, ma con il supporto dell’Ia – ha chiarito Prattichizzo -. Ricordo che esiste anche una tecnologia che si chiama prompt e che permette di interrogare la stessa intelligenza artificiale”.
Di fatto, per il docente, sarà la meritocrazia a premiare i giornalisti: “Occorrerà saper fare le domande giuste a ChatGpt per migliorare, co-sviluppare e scrivere gli articoli”.
“C’è un altro punto che voglio ricordare e che riguarda il mondo della comunicazione e della verità: esiste il rischio che all’intelligenza artificiale sia affidata l’unica voce e che magari questa distribuisca fake news- ha continuato Prattichizzo-. Le soluzioni sono dunque due: da una parte dobbiamo avere ChatGpt diverse, in modo da verificare quante di loro dicano la stessa cosa; poi imparare, da chi fa giornalismo ad alto livello, ad accertarsi dell’affidabilità delle fonti”.
KV