La tragedia di Alex Maragnon e i misteri dello scianamismo: una possibile analisi psicologica

La scomparsa di Alex Maragnon, avvenuta a seguito di un rito sciamanico all’abbazia di Vidor e il successivo ritrovamento del suo corpo nel Piave, con evidenti segni di pestaggio, hanno sollevato numerosi interrogativi e preoccupazioni. Questo tragico evento non solo ha scosso le persone a livello emotivo, ma ha anche messo in luce diverse questioni psicologiche e sociali che meritano un’analisi approfondita.

Per comprendere pienamente la vicenda, è importante analizzare il contesto in cui si è svolta la sua ultima esperienza di vita. I riti sciamanici e l’uso di curanderos (guaritori tradizionali) sono pratiche che attraggono un numero crescente di persone in cerca di guarigione, illuminazione spirituale o semplicemente una connessione più profonda con se stessi e la natura. Dal punto di vista psicologico, questo interesse può essere spiegato attraverso diverse teorie. Una di queste è la Teoria dell’Autodeterminazione, che postula che gli esseri umani hanno bisogno di soddisfare tre bisogni psicologici fondamentali: competenza, autonomia e relazione. I riti sciamanici spesso promettono di soddisfare questi bisogni attraverso esperienze trasformative che offrono una sensazione di padronanza (competenza), scelta personale (autonomia) e connessione con qualcosa di più grande di sé (relazione).

Molte altre persone che si rivolgono a pratiche alternative desiderano cercare nei riti sciamanici una risposta a problemi personali o esistenziali. La vulnerabilità psicologica può rendere le persone particolarmente suscettibili a promesse di guarigione e trasformazione, specialmente se si trovano in un momento di crisi o di transizione nella loro vita. L’attrazione verso pratiche esoteriche può anche essere vista come una forma di ricerca di controllo in un mondo percepito come caotico e imprevedibile. Le persone che si sentono impotenti o sopraffatte possono cercare conforto in rituali che promettono di riportare equilibrio e armonia nelle loro vite.

Una delle questioni più inquietanti sollevate dalla morte di Alex Maragnon è l’ipotizzato abuso e manipolazione da parte dei curanderos o degli organizzatori di tali riti, sebbene ad oggi, bene sottolinearlo, tutto debba essere accertato. La ricerca psicologica ha dimostrato che le persone in stati alterati di coscienza, come quelli indotti da cerimonie sciamaniche, possono diventare estremamente suggestibili e vulnerabili a influenze esterne. La dinamica del potere e della fiducia in queste situazioni può essere particolarmente pericolosa, soprattutto se i partecipanti sono incoraggiati a rinunciare al loro giudizio critico e a seguire ciecamente le istruzioni dei leader del rito.

Un altro aspetto da considerare è la psicologia del gruppo e come essa possa influenzare il comportamento individuale. Durante i riti sciamanici, i partecipanti spesso formano un forte senso di identificazione con il gruppo stesso. Questo senso di appartenenza può portare a una conformità di gruppo, dove le persone sono più inclini a seguire le norme e le aspettative del gruppo, anche se ciò significa mettere a rischio la propria sicurezza. La pressione dei pari e il desiderio di essere accettati possono portare le persone a ignorare segnali di pericolo o a minimizzare i rischi associati ai riti. Inoltre, l’effetto di deindividuazione, dove l’identità personale si dissolve a favore dell’identità di gruppo, può portare a comportamenti che normalmente non sarebbero accettabili a livello individuale.

La presenza di segni di pestaggio sul corpo di Alex Maragnon introduce un elemento di violenza che richiede una riflessione approfondita. La violenza, in contesti come questo, potrebbe essere interpretata come un’espressione estrema di controllo e potere. Dal punto di vista psicologico, chi perpetra atti di violenza può farlo per affermare la propria autorità, per intimidire o per punire.

In questi contesti, le radici psicologiche della violenza sono generalmente complesse e multifattoriali, includendo elementi di frustrazione, rabbia repressa, deumanizzazione e un desiderio di dominanza. In alcuni casi, la violenza può essere anche una manifestazione di patologia psicologica, dove l’individuo perde la capacità di sintonizzarsi emotivamente con la vittima e di riconoscere le conseguenze delle proprie azioni. Da qui l’importanza di educare, fin dai banchi di scuola, alla gestione delle emozioni, definite da Daniel Dennett “competenze senza comprensione”: riuscire a comprendere le proprie emozioni vuol dire essere consapevoli dei propri stati emotivi, ciò permette una connessione profonda con sé stessi che permette di capire meglio quali sono le nostre esigenze ed agire in modo più consapevole e intenzionale.

Dott. Jacopo Grisolaghi

Psicologo, Psicoterapeuta, Dottore di Ricerca in Psicologia, Sessuologo, PsicoOncologo, Ricercatore e docente del Centro di Terapia Strategica di Arezzo
Professore a contratto Università degli Studi eCampus e Università degli Studi Link di Roma
www.jacopogrisolaghi.com
IG @dr.jacopo.grisolaghi