Compagni di vita: “Mia figlia, la sua malattia rara. E la nostra lotta per sostenere la ricerca”

Ci sono tanti compagni di viaggio. Alcuni ce li scegliamo, altri ce li troviamo a fianco, magari nel seggiolino accanto in un treno, su un autobus o un aereo. E non puoi cambiare posto. Oppure in una strada che devi percorrere per forza. Quella strada non ti piace, magari, e nemmeno sai dove ti porterà e proprio non vorresti a fianco chi ti sta accompagnando. Così abbiamo deciso di dare voce a tutte quelle persone che si sono trovate “per destino” a compiere una parte del viaggio della vita con quelle che vengono definite malattie rare, malattie invisibili, malattie croniche. Lo abbiamo fatto con due interviste – la prima al professor Bruno Frediani (potete rileggerla qui) e una alla professore Silvia Sestini (qui), rispettivamente direttore del Dipartimento di Scienze mediche e della Reumatologia dell’Aou senese e presidente della Aimaku, l’associazione che segue chi è affetto da Alcaptonuria

A otto mesi  la piccola Viola aveva bisogno della fisioterapista perché non riusciva a stare seduta, poi ha avuto necessità di una logopedista e di essere seguita da altre persone.

La sua è stata un’infanzia particolare: purtroppo c’erano segnali che facevano intendere la presenza di qualcosa di non corretto nello sviluppo della bambina. Le ore passate nelle visite dei medici però non portavano a risultati concreti.

Tante erano le domande dei suoi giovani genitori ma le risposte non arrivavano. “Le indagini andavano avanti ma non riuscivamo a sapere nulla”, racconta Iolanda Morabito, la mamma di  Viola.

Alla fine solamente dopo 8 anni dopo la sua nascita si è riuscito a sapere quale fosse la patologia ed è stato in quel momento che Viola ed i suoi genitori hanno conosciuto la sindrome di Cohen: “Durante il lockdown ci hanno chiamato dalla Genetica medica dell’Aou senese per comunicarci che le ricerche fatte per capire cosa avesse mia figlia non avevano portato a risultati. Allo stesso tempo però ci avevano proposto di aderire ad un protocollo speciale che permettesse di scandagliare più a fondo per capire cosa stesse accadendo a mia figlia. Abbiamo dunque dato l’autorizzazione ed il 12 dicembre del 2021 abbiamo scoperto della malattia”, continua Jolanda.

Incisivi prorompenti, folte sopracciglia, un tronco del busto molto accentuato: questa la facies che caratterizza una patologia di cui si conoscono solo duecento casi al mondo.

“Intorno ai quarant’anni inoltre si può soffrire una forte maculopatia per cui molti giovani adulti perdono la vista. Tra chi è affetto da questa patologia – continua Iolanda Morabito – possono presentarsi poi problemi di tipo psicomotorio, con i bambini che hanno problemi a parlare o a scrivere. Insomma sono tutti aspetti collegati tra loro”.

La vita di Viola comunque è andata avanti normalmente. Adesso ha nove anni ed ha potuto praticare pattinaggio, fare pallavolo ed avere una vita sociale attiva: “Frequenta la sua contrada -prosegue Morabito – e non ha avuto particolari limitazioni, anche se certe volte abbiamo dovuto prendere determinati accorgimenti”.

Quanto passato dalla famiglia però è stato tutt’che facile, ” Ci sono stati mesi in cui le spese, essendo queste cure private, arrivavano a superare i mille euro. E Viola – ammette la mamma- è stata molto fortunata”.

Ecco quindi che, per aiutare altri che subiscono  la stessa condizione e per sostenere la ricerca contro la sindrome e contro le altre malattie rare,  Jolanda ha deciso di fondare, lo scorso anno, l’associazione Codini e Occhiali.  “Abbiamo visto su nostra figlia che, se i bambini vengono seguiti per tempo, possiamo comunque renderli felici ed autonomi, aiutandoli a farli crescere in serenità ed autonomia. Ecco perché mi appello anche agli altri genitori: se avete bisogno di un aiuto economico Codini e Occhiali può darvi una mano”.

Ma non solo: l’Associazione, che fa parte della rete Telethon, organizzerà per il prossimo 28 febbraio, in occasione della giornata delle malattie rare, un flashmob in piazza del Campo. “Vogliamo sensibilizzare tutti i bambini di ogni età nelle scuole e in Piazza: i “rari” non devono sentirsi diversi, hanno semplicemente qualche particolare distintivo in più, ma è proprio quel particolare che li rende unici!”, spiega Morabito.