Un patto strutturale, non misure tampone, per evitare un declino irreversibile_ èla richiesta che CGIL, CISL e UIL mettono nero su bianco in un documento congiunto sullo stato dell’economia e del lavoro nel territorio, che le tre confederazioni descrivono come sempre più fragile sotto il peso dell’inflazione e della crisi produttiva.
Il punto di partenza è il costo della vita. «Ancora un mese in cui il nostro territorio si conferma in vetta alle classifiche per l’inflazione più alta d’Italia», scrivono i sindacati, con percentuali che «superano di gran lunga la media nazionale». Una dinamica che, avvertono, «rischia di determinare una crisi economica e sociale profonda» in una provincia dove «ogni giorno migliaia di lavoratrici e lavoratori fanno i conti con il lavoro che manca», tra aziende che chiudono, stipendi non pagati, riduzione degli organici, cassa integrazione e contratti precari o in part time involontario.
A pesare, secondo CGIL, CISL e UIL, sono anche gli effetti del contesto internazionale. «Gli effetti nefasti dei dazi su farmaceutico, agroalimentare e camper», spiegano, insieme al «pericolo di conseguenze indirette sul turismo e sul commercio per l’impoverimento della popolazione», stanno «mettendo a repentaglio la tenuta di molti settori trainanti della nostra economia». Il rischio, aggiungono, è «l’ulteriore arretramento industriale e il peggioramento della qualità lavorativa», con l’aumento di «lavoro nero e grigio, precario» e la diffusione dei cosiddetti contratti pirata.
Particolarmente critica viene definita la situazione di alcuni comparti storici. Il territorio, sottolineano le tre sigle, sta vivendo «un imponente calo della produzione industriale nei settori della moda e del mobile», che «da due anni vivono una crisi senza precedenti». Un allarme rilanciato anche dalle categorie dei metalmeccanici, con criticità che «rischiano di rappresentare solo la punta di un iceberg» destinato a coinvolgere indotto, servizi, logistica e commercio.
I sindacati rivendicano di aver lanciato l’allarme già da tempo. «Già dalla fine dello scorso anno era evidente l’emergenza produttiva e occupazionale» e, per questo, «fin dall’inizio del 2025» CGIL, CISL e UIL hanno promosso «una piattaforma provinciale incontrando le Istituzioni e le Associazioni di categoria». L’obiettivo dichiarato è «realizzare un patto per lo sviluppo del territorio» per evitare che «la crisi si trasformi in un declino strutturale con ancora più pesanti ricadute socio-economiche».
Nel documento si chiede di mettere in campo «azioni condivise e complessive», dalla tutela della tenuta produttiva all’attrattività di nuove imprese, dalla difesa dell’occupazione e della sua qualità fino alla costruzione di «progettualità sinergiche sulle necessità infrastrutturali». Centrale anche la proposta di «un tavolo permanente di monitoraggio e coordinamento» che analizzi i flussi produttivi, affronti il tema della manodopera e consenta «scelte partecipate in relazione alle politiche attive».
Secondo CGIL, CISL e UIL, nei confronti avuti finora è emersa «la preoccupazione quasi unanime per il declino socioeconomico che sta affrontando il territorio» e la disponibilità delle istituzioni a lavorare insieme. Ora, però, concludono le confederazioni, «solo una visione complessiva, capace di superare la logica dei campanili e della dimensione settoriale», può consentire di costruire «un progetto di rilancio e crescita», dando risposte a un’emergenza che non può più essere rinviata.