Le restrizioni dovute alla pandemia hanno purtroppo impedito di realizzare nel 2020 il programma dell’amministrazione comunale per celebrare i 25 anni dell’inserimento del centro storico di Siena nella lista del patrimonio dell’umanità dell’Unesco. Una lista, conviene sempre ricordarlo, in cui sono iscritti anche San Gimignano, Pienza e la Val d’Orcia, con una densità che fa della provincia di Siena un assoluto ‘unicum’ a livello mondiale.
Il programma delle celebrazioni, che l’assessore Francesco Michelotti aveva affidato ad uno specifico comitato, è stato spostato a questo 2021 ed il primo atto annunciato è quello della presentazione di un originale documentario video, dedicato proprio alle motivazioni per cui l’Unesco valutò il centro storico di Siena come un patrimonio dell’umanità.
Mi fa piacere dare un mio piccolo contributo a questa ricorrenza, ricordando il menu –proprio così lo hanno chiamato– preparato poche settimane fa dall’Unesco per rafforzare le politiche culturali e le politiche turistiche nei prossimi anni. Poche ricette, per una visione condivisa della destinazione, in questo caso Siena, basata sul coinvolgimento di artisti ed associazioni in una modalità di dialogo interculturale, che abbia l’ambizione di rivolgersi al grande pubblico dei residenti e dei turisti.
Leggendo la pagina internet dedicata a questo argomento (link) si trova un paragrafo intitolato proprio ‘Cultura, principale vantaggio delle destinazioni turistiche’, in cui si legge testualmente: “Rafforzare il ruolo della cultura nelle destinazioni. I siti, i prodotti e le esperienze sono risorse chiave per le strategie di marketing di una destinazione: a queste risorse deve essere assegnata la priorità e le azioni pianificate. La perdita di reddito e le chiusure obbligatorie hanno avuto un fortissimo impatto su musei e monumenti, sugli eventi culturali, sui luoghi alternativi o istituzionali, e il turismo deve riprendere la sua opera di divulgazione”.
L’Unesco pone poi particolare attenzione sul tema della transizione digitale, quale straordinaria opportunità per la cultura ed il turismo. Ma fa presente il rischio -che è reale- di ‘standardizzare’ la propria offerta, invece di valorizzare produzioni culturali ed esperienze turistiche basate sulla diversità e l’identità di ogni destinazione.
Serve veramente a poco –aggiungo io– essere un sito Unesco patrimonio dell’umanità, se poi non si riesce ad avere una politica di governo dei flussi turistici che sappia anche valorizzare la creatività e la diversità culturale, stimolare l’innovazione dei prodotti e dei servizi turistici, abbattere le barriere architettoniche e sensoriali che limitano l’accesso alle persone con disabilità, creare piattaforme di finanziamento ed occasioni di investimento che coinvolgano il maggior numero di soggetti.
Gli interlocutori validi non mancano.
Roberto Guiggiani