Tre tipi di semola di grano duro, 40 formati di pasta, cinque quintali al giorno di produzione ma, soprattutto, cinque generazioni con le mani ‘in pasta’, è il caso di dirlo: sono questi i numeri del pastificio Fabbri, piccola azienda artigianale che vanta prodotti di alta qualità e distribuzione per un mercato di nicchia in tutto il mondo.
Quando si arriva a Strada in Chianti, piccolissima frazione di Greve, non si riesce a immaginare che nella piazza centrale del paese, accanto alla stazione dei carabinieri, esista una realtà come questa. Un piccolo gioiello che sa di antico, dove si respira la Toscana dei nostri nonni e dove si impara che tante crociate contro certi alimenti sono spesso alimentate dalla disinformazione e da dichiarazioni pseudoscientifiche che si trovano in giro.
Cinque generazioni, dicevamo: Giovanni Fabbri acquistò nel 1893 acquistò una porzione di terreno in piazza di Strada in Chianti e ci impiantò un’attività di molitura, pastificazione e rivendita di generi alimentari.
Varie vicissitudini, comprese le guerre che hanno minato il sostentamento delle famiglie italiane perché venivano fatti saltare in aria molti macchinari dal mulino al forno stella per il pane, dalle impastatrici al torchio verticale per la pasta.
Per fortuna una parte dell’edificio e delle macchine si sono salvati e così è rimasto in attività il pastificio, che continua tutt’oggi a mantenere intatta la passione e l’attenzione alla qualità degli inizi. Così come intatti e originali degli anni ’40 e’50 sono alcuni macchinari che fanno la differenza nella produzione.
Giovanni Fabbri (nella foto, sopra) è la quarta generazione di famiglia e guida l’azienda con con i figli Marco e Lisa, che hanno scelto di seguire la strada del padre, lasciando vecchi programmi di studi e programmi per il futuro.
“La nostra produzione è caratterizzata da una conoscenza profonda del prodotto, abbinata a vecchi macchinari che vengono ancora oggi usati nel pastificio. Grazie alla nostra disponibilità di stampi in bronzo riusciamo a trafilare circa 40 formati diversi, ottenendo così un’ampia collezione di pasta, molta della quale può essere prodotta anche con semole diverse e all’uovo. Ma in realtà il successo della nostra pasta è dovuto al segreto che ci viene tramandato da generazioni, che noi chiamiamo ‘Metodo Fabbri, l’essiccazione naturale’: in tutte le fasi di produzione le temperature non superano mai i 38°C e per asciugare la pasta servonmo dai tre ai sei giorni. Tutto il tempo che serve alla natura” racconta Giovanni Fabbri.
“In questo modo – continua – riusciamo a mantenere il glutine e gli amidi “vivi” al loro stato naturale facilitando così la digeribilità. Siamo in grado di lavorare, anche grani antichi che non si trovano quasi più; per fare ciò collaboriamo con piccoli produttori e molitori così da poter realizzare dei prodotti adatti ai soggetti intolleranti al glutine. I grani antichi sono riconosciuti dal nostro organismo e passati come “buoni”, tanto da permetterne la digeribilità senza produrre intolleranze. Darwin spiega come siano necessari centinaia di migliaia di anni per produrre dei cambiamenti genetici. Negli ultimi 30 anni il DNA del grano è stato rivoluzionato ed alcune persone non riescono più a mangiare pasta se non con DNA antichi. D i qui anche le dicerie sul glutine che fa male ma, a meno che non siamo celiaci, il glutine fa bene, è la ‘tenacità’ della pasta buona, la vita della pasta. Mangiare prodotti senza glutine senza averne reale bisogno, provoca danni alla salute perché la proteina vegetale viene sostituita con zuccheri che provocano patologie gravi, a lungo andare”.
E se i macchinari ancora in funzione sono quelli originali di settant’anni fa, appena si entra nel pastificio ci si trova di fronte a un vero e proprio museo della pasta, molto conosciuto soprattutto dagli stranieri, che forse sono più bravi di noi a scovare realtà che noi diamo per scontate ma che di fatto rappresentano le peculiarità del nostro territorio, il motivo per cui questi sono i luoghi più belli del mondo.
Torchi, bilance, impastatrici manuali degli inizi del secolo scorso creati in America ovviamente da italiani. Dentro il pastificio Fabbri si apre un mondo che va dalla produzione alla memoria, un modo dove la tecnologia non invade il terreno della tradizione e della memoria ma con essi si miscela con sapienza.
Nella cosiddetta “conca d’oro” di Panzano in Chianti, inoltre, Giovanni Fabbri e l’amico Renzo Marinai, vignaiolo sono tornati a coltivare l’antico grano Senatore Cappelli, e di qui hanno restituito alla pasta il motivo del suo essere ambasciatrice dell’Italia nel mondo.
“I segreti della pasta Fabbri, sono due: lavorare un buon grano, come il bianco o nero “monococco”, detto anche farro dei romani con una spiga finissima o il “Cappelli”, con spighe oro e lunghi “baffi neri” o il grano moderno di qualità, e la lavorazione lenta, perché è da una lenta trafilazione in bronzo e da una lunga essiccatura che la pasta diventa buona. Il grano per essere consistente e di qualità, deve produrre un ottimo glutine, elastico. Qui è il segreto: il procedimento che mantiene inalterate le qualità organolettiche, risparmia tutta una serie di problemi alimentari con il glutine”.
Dalla produzione all’assaggio è un attimo. Basta questo a capire quanto la qualità faccia la differenza.
Katiuscia Vaselli