Il 21 agosto 1919 l’Aquila pose fine ufficialmente alle traversie che la sua bandiera e il suo stemma avevano dovuto subire fin dall’età risorgimentale. Troppo simile all’invisa bandiera imperiale austriaca, la bandiera dell’Aquila era stata rimaneggiata più volte, soprattutto nella parte araldica. Come è noto, infatti, l’aquila dello stemma aveva acquistato, via via e via via perduto la doppia testa e si era rimodellata, volta per volta, in forme politicamente accettabili alla contingenza storica. Ma tutto questo non era stato sufficiente nemmeno dopo che, a unità d’Italia avvenuta e dopo la “codifica” sabauda successiva alla visita dei Reali a Siena, si sarebbe potuto pensare che l’insegna di questa contrada avesse finalmente acquisito una forma definitiva. Lo scoppio della prima guerra mondiale, infatti, aveva rimesso in discussione tutto, e ancora una volta gli incolpevoli aquilini si erano trovati nell’imbarazzante situazione di spiegare un’insegna troppo simile alla bandiera austro-ungarica della nazione nemica dell’Italia e contro la quale, dal 24 maggio di quell’anno, si stava combattendo una drammatica guerra. I primi fanti avevano da poco traversato il Piave mormorante, quando, il 15 giugno del 1915, l’assemblea della contrada deliberò di rimuovere dalla bandiera l’aquila di Carlo V, per sostituirla con l’immagine «dell’Aquila legionaria romana spiccante volo da capitello dorico romano recante incisavi la data fatidica «24 Maggio 1915», il tutto racchiuso con nastro azzurro recante il motto «Sperdi col grido»; che nel quarto atto della bandiera rimanga la Sovrana concessione di S. M. il Re Umberto I». La richiesta fu inoltrata alla giunta municipale, la quale, il 24 giugno, un mese esatto dall’inizio della guerra, si compiacque dello spirito patriottico degli aquilini, ma, trattandosi di alterare un’insegna codificata, demandò la decisione in merito ad una commissione composta da tre fra i più insigni studiosi dell’epoca in materia di storia e tradizione senese: Pietro Rossi, Vittorio Lusini e Narciso Mengozzi. La commissione, però, evidentemente travolta da altri e più importanti impegni, non produsse alcuna risposta. Intanto, aspettando una decisione che non sarebbe venuta, l’Aquila tolse dalla bandiera ogni emblema e si dette un vessillo tutto giallo bordato di celeste. Va bene che non c’era il Palio, ma un’insegna così amputata e sommaria non poteva risultare accettabile a lungo da parte della contrada. La quale, infatti, il 31 maggio del 1917 prese autonomamente la decisione di mettere dentro la bandiera l’aquila dei Savoia, sostituendole solo la targa con la croce reale della casa regnante, al cui posto fu collocata una rotella fiammeggiante (quella che ancor oggi si vede) con la sigla “U.I.” (Umberto I). E’ solo alla fine del conflitto (appunto, il 21 agosto 1919) che l’Aquila riacquisisce la bandiera e lo stemma quali erano stati codificati nel 1888. L’austriaca aquila imperiale, del resto, era stata umiliata dalla sconfitta; aveva perduto una delle due teste, non era più simbolo di un impero che si era sfasciato, e da lì a poco (nel 1921) le sarebbero state messe negli artigli una falce e un martello, simboli del periodo dell’Austria socialista. In via del Casato potevano tirare un sospiro di sollievo: l’Aquila senese non doveva più chiedere legittimazione a nessun potere esterno.
Maura Martellucci
Roberto Cresti