Siena

L’insediamento dell’arcivescovo Lojudice a Siena, un messaggio di forza e senza mezzi termini: “Dove non ci sono grandi ideali ci sono solo piccoli interessi”

“Per il buon governo c’è bisogno di due autorità: una civile e una spirituale e religiosa. Quella civile garantisce la sicurezza, quella spirituale offre un orizzonte di senso. L’uomo ha bisogno di tutte e due le cose. Se si esclude una delle due, la società soffre, diventa schizofrenica…”: così Augusto Paolo Lojudice, nuovo Arcivescovo di Siena-Colle val d’Elsa-Montalcino ha salutato la città. Il suo primo approccio, dopo il messaggio inviato a nomina avvenuta, è stato con le parole del sociologo Giuseppe De Rita. Un approccio né banale né scontato, ricco di messaggi forti colpi all’arma bianca. L’arcivescovo ha ponderato ogni parola, sia nel saluto iniziale che durante la sua omelia in Duomo, un manifesto di quello che sarà il suo lavoro negli anni a venire. Ha scelto Santa Caterina e Sant’Agostino, Lojudice, per parlare alla città di Siena: due figure assolutamente forti, giganti che hanno scritto la Storia senza mezzi termini, ponendo la forza dell’amore al primo posto e dunque, vincendo, sempre. 

Un percorso ricco di simboli, quello di ieri: dall’arrivo a Sant’Ansano a Dofana, statio ad martirem nel luogo del martire patrono della città, fino all’accoglienza, ovviamente a Porta Romana, da parte della città dei giovani e della carità (presi in esempio i due istituti per anziani e non autosufficienti delle Pie Disposizioni). Poi il preziosissimo pastorale di San Galgano e la casula ripresa dall’affresco della libreria Piccolomini nel quale il Pinturicchio dipinse papa Pio II fuori Porta Camollia, quando l’imperatore Federico III d’Asburgo incontrò la sua promessa sposa, Eleonora d’Aviz, figlia del re del Portogallo.

A dare il proprio benvenuto ieri non c’erano solamente le autorità civili e militari provinciali e ma una Piazza del Duomo gremita, fin dal primo pomeriggio, di migliaia di fedeli, molti dei quali arrivavano da Roma. C’erano 18 vescovi dalla Toscana e alcuni ausiliari da Roma più il cardinal Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze. In processione tutti i sacerdoti della Diocesi compresi i due parroci ortodossi di Siena. Ad accogliere Lojudice, oltre a Buoncristiani che ieri ha passato il testimone, anche l’emerito arcivescovo Gaetano Bonicelli. Alle 16.45 di un caldo pomeriggio domenicale Siena ha accolto il suo nuovo Arcivescovo, omaggiandolo nel modo più bello: con la sbandierata delle 17 contrade, qualcosa che Monsignor Augusto Paolo Lojudice non aveva ancora visto dal vivo (e che studierà, dato l’avvicinarsi del Palio). Mezz’ora dopo, verso le 17.30, il nuovo presule di Siena, Montalcino e Colle Valdelsa sarebbe entrato per la prima volta nel Duomo di Siena.

“Ripartire dal bene che c’è in ciascuno di noi e aprire il nostro cuore”. Non poteva che essere un uomo che ha vissuto con i poveri di Roma sud, a ricordare l’importanza della comunità e dell’unione tra i fedeli per superare un’epoca in cui l’amore per il prossimo sembra sconfitto dall’individualismo delle persone, anche nella Chiesa.

Quella del nuovo Arcivescovo di Siena Augusto Paolo Lojudice è stata una prima omelia dal significato forte. “Siamo fatti a immagine di Dio, la vocazione della comunità e la traccia della Trinità in ognuno di noi – sottolinea il Metropolita di Siena, Montalcino e Colle Valdelsa- Perdersi per ritrovarsi”. Un messaggio potente che guarda al futuro senza però dimenticare i precetti dei santi del passato. Proprio la ‘nostra’ Santa Caterina per il presule è l’esempio da seguire, anche per il Clero . “Santa Caterina diceva ‘ guarda come coloro che ambiscono ad una prelatura se la accaparrano, basta cominciare con regali ai funzionari della curia’ -prosegue Monsignor Lojudice- .Occorre sradicare dal giardino della chiesa piante fradice con fresche piante novelle. Caterina diceva anche al Papa di ammettere nella chiesa persone che cercassero Dio non prelazione”. Davanti alle centinaia di fedeli venuti dalla nostra provincia, da Roma e da tutta Italia, l’arcivescovo ha poi ricordato l’importanza del cristianesimo nella cultura europea, spiegando che senza esso i valori occidentali di libertà e giustizia risulterebbero essere incomprensibili. “Il richiamo alle radici cristiane non è un invito nostalgico a trovare, nel passato, la risposta alle nostre inquietudini. Urge rilanciare con vigore l’ispirazione della cultura europea legata però ad un’etica forte fondata su solidarietà e reciprocità presente già nel Vangelo”. Nel ragionamento finale Lojudice spiega il cambiamento che dovrà fare la sua Chiesa, una Chiesa fatta per dialogare con tutte le genti e tutte le culture del mondo e che è composta da fedeli che si aiutano e collaborano fra loro. Riprendendo Sant’Agostino da Norcia, Lojudice chiede di essere ‘sorretto’ dai credenti per potere adempiere insieme a loro alla legge di Cristo. ” Per voi sono vescovo, sono chiamato ad annunciarvi il Vangelo cosi come è. Cammineremo insieme e condivideremo grandi ideali – evidenzia Lojudice -. Dove non ci sono grandi ideali ci sono solo piccoli interessi.”.

Marco Crimi

Katiuscia Vaselli

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