Era il 28 ottobre quando, nel presentare la nuova stagione teatrale, Alessandro Benvenuti diceva di “essersi sentito morto” nei due anni precedenti. A distanza di mesi, l’umore del direttore artistico dei Teatri di Siena è migliorato, anche in virtù di una stagione teatrale svoltasi senza grossi intoppi e che si concluderà l’8, il 9 e il 10 aprile con la rappresentazione di ‘Benvenuti in casa Gori’ che lo vede protagonista.
Alessandro Benvenuti, a ottobre si sentiva morto, oggi come si sente?
“Mi sento un po’ meglio, mi sento rinvivito. Sono soddisfatto per una stagione che era molto a rischio. La priorità era resistere e rimanere aperti per non dare segnali sconfortanti: alla fine siamo ci riusciti, nonostante qualche defezione, e abbiamo avuto un risultato non scontato. Non è stato affatto semplice mettere insieme una stagione di questo calibro con attori e interpreti degni di questo palcoscenico. Quella dell’anno prossimo sarà una stagione molto più agguerrita, perché la fiducia che questa stagione ci ha dato ci porta a sperare che si possa osare ancora di più, continuando a lavorare sui giovani, non dimenticando l’utenza tradizionale degli abbonati”
Come è andata in biglietteria?
“Abbiamo recuperato anche molti spettatori che si erano allontanati, come in tutta Italia. Peraltro, è belo constatare una crescita del pubblico giovane, che è un dato importantissimo. Acquistare la fiducia del pubblico giovane per noi è fondamentale. Siamo stati costretti ad ‘abbandonare’ gli abbonati per necessità, non potevamo fare altrimenti. Considerando che era una stagione di resistenza, da trincea e non da attacco, aver dato al pubblico la capacità di scelta dal cartellone, è stata una scelta onesta. Naturalmente dall’anno prossimo torneremo agli abbonamenti”.
A chiudere la stagione sarà il suo ‘Benvenuti in casa Gori’…
“Questo per me è solo il mantenimento di una promessa. Quando arrivai, doveva essere il mio regalo di Natale per la città da fare ai Rozzi. Diciamo che è il mio modo di dire a Siena che le voglio bene, anche perché per me è una grossa fatica psicofisica, ma c’è tantissima emozione nel fare una cosa del genere. Lo spettacolo parla di un Natale come tanti, con le cose normali di tutte le famiglie. Il tutto, è un atto unico, è scandito dalle portate. Naturalmente, quando una famiglia si riunisce al completo, vengono fuori tutti gli scheletri nell’armadio. È uno spettacolo divertentissimo, dove si racconta, mostrificando, quelli che erano i natali della mia infanzia e della mia adolescenza”.
Emanuele Giorgi