Long covid, a Siena dibattito tra luminari. Crisanti scettico: “Con 85% dei vaccinati green pass non ha senso”

Se riusciamo a vaccinare l’85-90% degli italiani è chiaro che il green pass perde di significato. Vale quindi la pena di creare una contrapposizione frontale tra cittadini? Non possiamo usare il dialogo dopo aver raggiunto l’obiettivo?”.

Andrea Crisanti, direttore della Uoc microbiologia e virologia dell’Università di Padova e volto noto della tv, da quando è scoppiata la pandemia, non nasconde i propri dubbi sulla misura anti-covid messa in campo del Governo. Il suo scetticismo lo esprime da Siena, ad un incontro sul Long covid organizzato dal gruppo Performance. “Sul green pass la mia posizione è chiara: lo vedo come una misura usata per indurre i cittadini a vaccinarsi. La certificazione non serve a creare ambienti sicuri”, afferma lo scienziato che sottolinea altri punti per rafforzare la sua tesi: “se facciamo durare il green pass un anno, invece di sei mesi, creiamo una contraddizione logica in cui possono insinuarsi le argomentazioni di coloro che sono contro il vaccino ed il certificato stesso”.

L’incontro sul Long covid di stamani ha visto interventi di molti luminari del settore sanitario e scientifico. Tra loro c’è Giovanni Di Perri, ordinario di malattie infettive dell’Università di Torino. “Ci sono tante disfunzioni causate dalla malattia che lasciano spesso traccia per mesi: dobbiamo avere pazienza”. Per Di Perri c’è inoltre l’impressione che ci sia un denominatore di lesioni comune, nei vari casi di Long covid, “dovuto al danneggiamento dei vasi più piccoli che, in funzione dell’età, hanno dei tempi di recupero e rigenerazione diversi – prosegue-. Esistono inoltre variabili individuali: soggetti che hanno, per esempio, broncopatie croniche ostruttive o diabete presentano fattori che contribuiscono ad avere tempi maggiori di recupero dall’infezione”.

A fare da “padrona di casa” è stata Cristina Lenzi, responsabile del centro prevenzione gruppo medico Performance: “Con un 50enne che andava in bicicletta e che adesso non riesce a fare più di 15km cosa facciamo? Lo lasciamo da solo? Vanno programmati follow up per chi è stato ricoverato in terapia intensiva, ma anche per i più giovani che non riescono più a fare attività sportive. La stanchezza è il primo sintomo”.

Emanuele Montomoli, docente di igiene all’Università di Siena e fondatore e Cso di Vismederi, ha invece parlato della somministrazione delle terze dosi: “è il completamento naturale del primo ciclo vaccinale e serve per garantire una risposta immunitaria completa e duratura nel tempo. Ci sono evidenze che dopo le prime due dosi la risposta immunitaria può cadere”.

Sull’argomento è intervenuto anche lo stesso Crisanti:”Somministrare la terza dose nasce dall’esigenza di mantenere alto il livello di protezione della popolazione, è una misura di sanità pubblica. La dose aggiuntiva si è resa necessaria. Lo vediamo da quanto sta accadendo in Israele e Gran Bretagna dove si è vaccinata la maggioranza delle persone tra dicembre e gennaio e, a partire dal sesto-settimo mese dalla somministrazione della seconda dose, si è visto un incremento di ricoveri e infezioni, anche di persone vaccinate “.

MC