Come Alberto Abruzzese ci ha anticipato nel suo ‘Viaggio (in)finito’, ‘abitare’ condivide lo stesso etimo del sostantivo ‘abito’, in una parentela etimologica che connette la moda con il viaggio. Ed è proprio il viaggio che cerchiamo di guardare con una lente diversa, quella del fashion, in un rapporto che si è fatto più intenso e complementare proprio dopo lo sviluppo della seconda rivoluzione industriale.
Il viaggio si trova al cuore di uno dei marchi più famosi e apprezzati di sempre: Louis Vuitton.
1837. Parigi. Un giovane apprendista artigiano veniva assunto da Monsieur Marèchal. Si chiamava Louis Vuitton, un giovanotto di provincia, trasferitosi a Parigi per imparare, specializzandosi nella pelletteria e la valigeria. Una voglia di apprendere che gli permise un colpo di genio che rivoluzionò tutta la valigeria. Intuì che il tempo dei bauli dal coperto bombato era terminato, non erano più adatti ai nuovi mezzi di trasporto, come il treno o i transatlantici. Si voleva viaggiare più leggeri, e Vuitton voleva creare nuove soluzioni più comode, in linea con le esigenze pratiche dei nuovi viaggiatori.
Aprì così il suo negozio nel 1854. Il tempismo era perfetto: la prima linea ferroviaria francese era stata inaugurata e nello stesso periodo la prima nave a vapore europea compiva la traversata dell’Atlantico. L’età moderna del turismo era iniziata. E l’Expo del 1867 consacra le creazioni di questo brand così innovativo ma allo stesso tempo profondamente radicato nella tradizione. Queste valigie cosi facilmente trasportabili furono accolte con grandissimo successo, trovando così il loro posto nella storia e nel mito.
Alla morte del fondatore, il figlio Georges promuove il marchio a livello internazionale esibendolo nel 1896 al Chicago’s World Fair, rivestendo gli accessori con la celeberrima stampa Monogram con le iniziali del padre: LV. I bagagli create dalla maison non erano solo un accessorio di moda ma un simbolo. Il simbolo del viaggio e dell’avventura. Questi bauli accompagnavano i viaggiatori nelle loro avventure al di là dall’oceano e il viaggio risiede cosi nel cuore dell’essenza del brand.
Bagagli concepiti anche su misura, personalizzati, in cui si trasportavano materiali per la fotografia, strumenti musicali e ordini speciali. Come ‘the library trunk’, il famoso scrigno ideato da Gaston Louis Vuitton, il nipote di Louis, nel Maggio del 1927, riscoperto poi negli anni 50 nelle fondamenta del Paris Ritz-Carlton con dentro il capolavoro ‘Festa Mobile’, pubblicato postumo. Cassetti segreti dove i racconti, le cianfrusaglie e le memorie leggendarie di Ernest Hemingway trovavano rifugio.
E come la stessa maison ricorda, Louis Vuitton è dedicato ‘agli esploratori, agli archeologi e agli avventurieri, nel senso più nobile del termine.’
Eccovi una breve pellicola, fermata Les Courtisand, in cui si riscopre la meraviglia delle storie che hanno racchiuso questi preziosi bauli. “I pensieri di chi li ordinò e li possedette e gli anni in cui furono creati, come se una volta aperti, non fossero più bauli, ma album” – Patrick-Louis Vuitton.