Non tutti coloro che venivano processati passavano dalle carceri e dalla stanza della tortura. Per alcuni, come dimostra la storia di Giberto, o Gisberto, da Correggio, la questione veniva risolta molto più velocemente.
Sulla metà del XV secolo anche Siena, come quasi tutti gli Stati italiani, aveva purtroppo affidato la propria libertà a capitani di ventura al soldo del miglior offerente e nel 1455 il mercenario che avrebbe dovuto difendere la Repubblica era l’emiliano conte Giberto da Correggio nato nel 1410.
Siena era minacciata dalle truppe del capitano Jacomo Piccinino, figlio del più celebre Niccolò, che avevano saccheggiato località del territorio della Repubblica. Giberto da Correggio, anziché difendere la città dalla quale era stato assoldato, si accordò con il Piccinino cercando di ottenere i maggiori benefici possibili dal Governo di Siena.
Come scrisse il politico e storico senese cinquecentesco Orlando Malavolti, Giberto, ritenendo i senesi imbelli e incapaci di reagire ai suoi maneggi, per limitare i danni che sarebbero stati causati dal Piccinino cercò “di cavar buona quantità di denari di mano a’ Sanesi”.
Il 6 settembre 1455, la Magistratura di Balìa convocò il mercenario nella sala del Palazzo in cui era solita riunirsi e, scrive ancora Malavolti, “honoratamente, con buona compagnia di Cittadini che dal suo alloggiamento l’accompagnarono al Palazzo pubblico, introdotto nella Sala del Papa e quindi, per gastigo della sua perfidia, poi che hebbe accanto al Priore alquanto ragionato, levatosi in piè per licentiarsi, fu da più giovani che uscirono dalla Secreteria morto e per una finestra gittato in Piazza”.
Per lasciare ricordo del fatto, e a monito per eventuali traditori, uno dei giovani, con il pugnale con il quale aveva accoltellato il mercenario, nell’intonaco della parete vicina alla finestra incise. “ADI VI DI SEPTEMBRE IN SABBATO AD ORE XXI MORTO IN QUESTO LOCO EL TRADITORE”
È da ricordare che il computo delle ore seguito nel 1455 non corrisponde al nostro perché allora il giorno era diviso in un ciclo di ventiquattro ore anziché, come in uso dalla metà del Settecento, in due cicli di dodici ore ciascuno. La ventiquattresima ora coincideva con il tramonto del sole che il 6 settembre, senza l’ora legale, tramonta verso le 18,45. Le 21, ora dell’agguato a Giberto da Correggio, erano quindi le nostre 15,45
Alessandro Leoncini
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