Sarà stata la mattinata uggiosa e fredda di dicembre, sarà stato quel tamburo a lutto che ha anticipato la Comparsa della Giraffa e ha scandito i tempi del funerale come un lento e continuo affondo di coltello, saranno stati i 17 figurin maggiori con i bandieroni listati di nero, saranno state le parole o quel saluto alla Piazza nell’istante preciso in cui ha iniziato a piovere, come se tutto piangesse intorno a Lello Ginanneschi e sarà semplicemente che un’intera città si è stretta per l’ultimo saluto al priore della Giraffa prematuramente scomparso: tra applausi e lacrime si è sciolto il nodo di un addio difficile da dare.
Chissà, forse Lello ci avrebbe riso e ci avrebbe composto una rima: mai avrebbe pensato a qualcosa di così teatrale per andarsene e a un addio così, con tutte le autorità civili, militari e religiose presenti. Eppure il destino ha fatto sì che fosse evidente a tutti che Lello Ginanneschi, persona semplice e buona, avrebbe lasciato un segno indelebile: se n’è andato il 1 dicembre e stamani ogni momento è stato segnato da un’emozione particolare. Di certo, un segno indelebile lo ha lasciato nella sua famiglia – i genitori, la sorella, la moglie e Costanza, la nipote che adorava e di cui parlava sempre. “Semenza, ovvero semi selezionati per ottimi germogli. Sei stato questo, zio, per noi che con le lacrime questi germogli cerchiamo di annaffiare. Sei stato energia pura, solido punto di riferimento” ha detto la nipote nell’omaggio finale che ha commosso tutti. Poi il ricordo struggente di don Tito e dei vicari Edoardo Giomi, Marco Corsini e David Lucchesi, che con la voce rotta dal pianto si sono stretti in un forte abbraccio finale: il ricordo dell’uomo che Lello è stato, eterno bambino teso a cercare in tutti il buono e a portarlo, il buono, anche nel suo confronto con “un Dio in cui forse – come ha ricordato don Tito – non credeva poi tanto”.
Eppure, l’arcivescovo Lojudice che ha presieduto la messa concelebrata da tutti e 17 i correttori delle Contrade, ha colto alla perfezione il senso dell’uomo in una omelia nella quale ha parlato più volte del coraggio e della determinazione necessari nella corrente della vita per tendere al bene e “neutralizzare il pungiglione della morte”, parafrasando San Paolo.
E c’erano tutti, per Lello. Non solo le autorità, i rappresentanti delle Contrade, i colleghi della Cna, i contradaioli della Giraffa e tanti senesi. In fondo alla Collegiata di Provenzano, quasi nascosti, c’erano quei colleghi della “prima vita” di Lello, quei giornalisti nati dalla metà degli anni Novanta che con lui hanno condiviso giornate, lavoro, risate, arrabbiature, Palio, cavalli, palii nel resto d’Italia con trasferte memorabili, momenti di divertimento assoluto e di leggerezza che non era superficialità ma riuscire ad affrontare le cose con più garbo. C’erano tutti, quei nomi e quei volti, quelli de Il Campo, de La Nazione, del Corriere di Siena, di Canale Tre e di Antenna Radio Esse. Ognuno con gli occhi lucidi e con i ricordi personali in tasca, insieme ai fazzoletti bagnati di lacrime. Ognuno di noi, Lello, con un pezzettino di te nel cuore per il vissuto così bello che abbiamo condiviso e per ciò che abbiamo costruito e imparato, prima che le nostre, tante, strade prendessero direzioni diverse.
Un abbraccio forte, Lello. Fai buon viaggio.
Katiuscia Vaselli
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