Siena

Mafia in Toscana, il rapporto: “La Regione è terra di riciclaggio e di investimenti”

Le mafie in Toscana ci sono, anche se non si vedono. Si manifestano, ma non nei modi tradizionali, e il mimetizzarsi nell’economia legale diventa quasi un fine anziché un mezzo. Il quarto rapporto sui fenomeni di criminalità organizzata e sulla corruzione, curato dalla Scuola Normale di Pisa su incarico della Regione, conferma quanto emerso nei tre anni precedenti. Dalle carte dei tribunali non appare un radicamento organizzativo delle mafie nazionali in Toscana: solo i gruppi di ‘ndrangheta dimostrano di possedere i mezzi e le risorse peraltro per farlo, come in passato era già stato per la camorra. Quanto alla criminalità organizzata straniera, la matrice mafiosa è visibile in alcune organizzazioni cinesi: non sembra così per albanesi e nigeriani. E in questo caso marginalità economica ed etnica diventano l’humus ideale per il reclutamento di manodopera criminale.

Se le mafie non presentano un radicamento territoriale ‘tradizionale’, la Toscana si conferma però come uno dei territori in Italia privilegiati per attività di riciclaggio e per la realizzazione di reati economici-finanziari su larga scala: più che in altre regioni, con una specificità marcatamente toscana. Quella che emerge anche dal rapporto di quest’anno è la vocazione ‘imprenditoriale’ dei gruppi criminali: non la scelta di un territorio, da ‘militarizzare’ e devo sostituirsi alla istiuzioni, ma la specializzazione in un settore, per ripulire prima di tutto i fiumi di denaro sporco che arrivano dalle attività condotte altrove.

Il primato nel traffico degli stupefacenti
La Toscana, emerge anche quest’anno dal rapporto, rimane centrale inoltre nei traffici nazionali e transnazionali di stupefacenti: Livorno in particolare, dove nel 2019 in un solo anno è stata sequestrata cocaina per più di una tonnellata, 1100 chili per l’esattezza, superando i numeri già elevati degli anni precedenti. Due sono stati i sequestri eccezionali: 644 chili a maggio, per un valore stimato di 130 milioni di euro, e 300 chili nel successivo semestre. Sempre a Livorno, a gennaio, erano stati ritrovati in città 830 chili tra marijuana e hashish. I gruppi albanesi governano una fetta sempre maggiore del mercato. Gli spacciatori sono spesso di origine nord-africana o sub-sahariana, con gruppi criminali protagonisti in alcuni casi di un vero impossessamento di territorio sottratto allo Stato, come la cronaca recente ha raccontato riguardo un pineta ai confini tra le province di Lucca e Pisa, militarizzata di fatto e dove, sottoterra, sono stati trovati più di 120 chili di droga e almeno 400 mila euro. Liquidità immense, con cui impossessarsi di imprese a prezzi stracciati.

Tratte e sfruttamento delle persone

Non minore attenzione va comunque riservata ai fenomeni di sfruttamento sessuale – mafie nigeriane per lo più, ma non sono estranee le organizzazioni nazionali – e lo sfruttamento manodopera nell’economia legale. Ambedue costituiscono oramai una realtà cronica. Di “bestia del caporalato, che si sta diffondendo in Toscana e non solo all’interno delle comunità cinesi” parla, non a caso, il procuratore generale Creazzo durante la presentazione ufficiale del rapporto che c’è stata stamani nel corso di un evento on line.Per sfruttamento lavorativo, che non riguarda solo l’agricoltura, la Toscana è la quinta regione in Italia per numero di procedimenti, al pari della Campania: diciassette inchieste, il 7 per cento del totale nazionale, otto province su dieci coinvolte in casi gravi (tutte fuori che Lucca e Grosseto al momento).

Professionisti conniventi per ripulire il denaro sporco
Il riciclaggio e l’occultamento di capitali criminali è in ogni caso il principale obiettivo degli investimenti delle mafie nell’economia regionale e i settori preferiti sono l’immobiliare e quello ricettivo-turistico. Emerge il ruolo essenziale, in più episodi, di avvocati, commercialisti, ingegneri, architetti, ragionieri ed altri professionisti. Negli anni, spiegano i ricercatori della Normale, sono comunque emersi anche tentativi di imprenditorialità mafiosa con sede stabile in Toscana nei settori delle costruzioni, del tessile, dei rifiuti o dell’intrattenimento funzionali alla realizzazione di nuove attività illecite: tributarie e fiscali, per ‘ripulire’ denaro sporco, il traffico di rifiuti e di stupefacenti, l’usura anche. Prato e la sua provincia, oggetto nel rapporto di un approfondimento, rimangono un territorio su cui Cosa Nostra continua ad essere presente e svolgere i propri affari illeciti, con un giro vorticoso, emerso dalle indagini giudiziarie, di fatture per operazioni inesistenti relative al commercio di pallet. La Guardia di Finanza ha accertato un volume di affari fittizio per 106 milioni, attraverso cui sono stati riciclati oltre 38 milioni di euro.

Il business miliardario dei rifiuti
Il procuratore generale Giuseppe Creazzo, alla guida da sette anni della Procura di Firenze, si sofferma nel suo intervento anche “sul traffico di rifiuti”, annunciando come in questo momento “sia in un corso una operazione importante della Guardia di Finanza di Livorno. “Un business anch’esso miliardario” rimarca. C’è poi il gioco d’azzardo – è Prato la città dove si gioca di più in Italia, che stacca di quasi il doppio la seconda provincia che è Teramo – e c’è tutta l’economia che viaggia on line. La mafia ha sempre più bisogno “di gente che clicca”. “Per questo non dobbiamo trascurare – dice ancora Creazzo – il mondo della valuta virtuale, anche dei bitcoin, rispetto alla quale i finanzieri e tecnici informatici che lavorano per le mafie sono già avanti: gran parte del riciclaggio passa attraverso questi canali e noi su questo siamo abbastanza in ritardo”.

Beni confiscati, contratti pubblici e corruzione
Il rapporto della Scuola Normale di Pisa passa in esame anche i beni confiscati alla criminalità organizzata. Sono cresciuti anche nel 2019, con trend simili a quelli degli anni passati, ma ancora pochi sono quelli destinati in maniera stabile, dopo l’accelerazione che si era avuta nel 2018. C’è poi un focus tematico sul mercato dei contratti pubblici – un primo studio preliminare a partire dall’analisi di 38 episodi di accesso criminale realizzatisi nell’ultimo decennio e che hanno riguardato il territorio toscano. Nel 63 per cento protagoniste sono state imprese con sede legale nel Meridione e la penetrazione è avvenuta, più che attraverso intimidazioni, tramite strategie ‘convenzionali’ di alterazione delle concorrenza. I legami maggiori sono più con la camorra, seguita dall’ìndrangheta: avviene nel settore delle costruzioni, dei trasporti e delle gestione dei rifiuti, ma anche della refezione e ristorazione.
Infine tutta la seconda sezione del rapporto è dedicata ai fenomeni di corruzione. Nel 2019 nessuno esponente politico ne è rimasto coinvolto. I casi interessano maggiormente, nel pubblico, funzionari e dirigenti. Ma il baricentro invisibile della corruzione sembra spostarsi verso il settore privato, attraverso un’ampia gamma di attori che vanno da imprenditori e mediatori a faccendieri e professionisti. Nel settore degli appalti l’ambito sanitario, si sottolinea, si conferma tra i più vulnerabili e con l’emergenza Covid-19 il rischio può ulteriormente aumentare.

marco crimi

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