Le mafie in Toscana? Il terzo rapporto sui fenomeni di criminalità organizzata e corruzione, curato dalla Scuola Normale superiore di Pisa su incarico della Regione, conferma quanto emerso nei due precedenti anni:” le quattro mafie storiche – spiega un comunicato-, a guardare le carte dei tribunali, continuano infatti a non manifestarsi con una presenza di insediamenti stabili sul territorio. Sono però sempre più riconoscibili le ‘tracce’ di una crescita di gruppi di criminalità organizzata nel territorio”.
“Più che sostituirsi al mercato – prosegue la nota -, ricercando forme di oligopolio criminale nell’economia legale, pare che la strada battuta sia ‘mettersi al servizio’ del mercato, attraverso l’esercizio abusivo del credito, l’erogazione di servizi illeciti finalizzati a reati tributari e economici o attività illecite di intermediazione del lavoro o nel ciclo dei rifiuti”.
Per il direttore della Dia Giuseppe Governale, “fortunatamente in Toscana non abbiamo finora le organizzazioni stabili come abbiamo invece in altre parti dell’Italia settentrionale”, ma “la Toscana non è immune, non può essere immune”.
I beni confiscati alla criminalità organizzata in Toscana sono anch’essi in aumento: tolti i provvedimenti dall’esito ancora incerto, si tratta di 572 beni immobili, distribuiti in 67 comuni, ovvero il 23 per cento del territorio regionale. Di questi 145 sono quelli già destinati, come ad esempio la tenuta di Suvignano assegnata alla Regione Toscana. La matrice camorristica è la più ricorrente, con quasi il 40 per cento dei beni, seguiti da Cosa nostra (11,5%) e ‘ndrangheta (6,2%). Quel che rimane è riconducibile alla Sacra Corona Unita, la Mala del Brenta o associazioni mafiose originarie del Lazio.
Quanto ai fenomeni di corruzione, le statistiche comparate prese in esame dal rapporto segnano un aumento percentuale, tra il 2016 e 2017, anche dei cosiddetti ‘crimini dei colletti bianchi’. Crescono del 150 per cento le malversazioni, raddoppiano i reati di concussione, in crescita del 67 per cento gli abusi di ufficio e del 37 per cento i reati societari. Il coinvolgimento di manager pubblici in vicende di corruzione risulta in Toscana ancora più marcato che nel resto d’Italia. Nell’analisi degli episodi che si sono succeduti nel 2018 emerge come, accanto ad imprenditori (29 casi) e funzionari o dirigenti pubblici (21 casi), in quasi la metà dei casi – 17 su 38 – vi siano coinvolti professionisti come avvocati, commercialisti, ingegneri, architetti, geometri, ragionieri, medici ma anche intermediari e faccendieri.