Nicolò, Duccio e il senso delle cose è la rubrica settimanale di giornalismo narrativo su Siena proposta da SienaNews. Gestita da due giovani, Nicolò Ricci per la fotografia e Giada Finucci per la scrittura, vuole portare lo sguardo delle nuove generazioni sulla città. Il suo scopo è quello di valorizzare luoghi di Siena attraverso la fotografia e il racconto.
Cammino a grandi passi, rincorrendo il battito delle mie suole sulla pietra serena delle vie del Corso. Il vento sbatte contro le pareti dei palazzi storici e le stelle penzolanti di Natale tremano al suo passaggio. Si ode il cigolio delle ultime persiane che in faccia alla giornata chiudono i battenti. Alzando gli occhi dai miei passi, incrocio affacciato uno sguardo famelico: una madre sussurra ai figli di entrare sotto alle coperte, mentre in basso sbircia il male che alle 23.30 cammina tranquillo.
Ho sempre sognato di essere un teppista. Uno di quelli che le madri vogliono tenere lontane dai loro figli. Il fidanzato che non vorrebbero mai conoscere alla prossima cena di Natale. Volevo sapere cosa si prova, ad essere quello che la gente odia ma della cui esistenza non può fare a meno. Stanotte mi prendo la rivincita da tutto il buonismo che una ventina d’anni di vita e nessuna ragione per infrangere le regole mi hanno attaccato addosso come il bollino appiccicato su un frutto ancora acerbo.
E’ così facile, oggi. Un’azione per la quale sarei considerato un banale essere umano, nulla di originale, fa di me un deviato. Un essere ripugnante e coraggioso, che rischia di dover tirare fuori banconote per pagare una multa e una corazza spessa per difendersi dallo stigma di un’intera città. Non siamo che esseri in relazione, ognuno assumente una forma in funzione degli altri: stanotte, offro io un corpo al male che il cittadino comune non sa dove mettere. Sarò lo sbaglio a confronto del quale è possibile essere nel giusto.
Un toc toc leggero e insistente sulla porta di camera mi sveglia. Già: avevo promesso a mia nonna che avrei giocato a dama. Mi alzo dal letto e dai miei sogni di essere qualcuno. Continuerò a vegetare, a inquadrare la mia vita attraverso le regole, ad annuire a mia madre che, a cena, legge la lista di denuncia dei volti quotidiani con il naso scoperto. Qualcuno farà il cattivo al posto mio. Io adesso posso solo alzarmi, darmi una sistemata, indossare una FFP2. Disinfettare a dovere la scacchiera e assistere, i contorni degli occhi allungati fino a far trapelare un sorriso, allo spettacolo di mia nonna che una a una mangia le mie pedine.
Duccio
Testo di Giada Finucci
Foto di Nicolò Ricci
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