Nicolò, Duccio e il senso delle cose è la rubrica settimanale di giornalismo narrativo su Siena proposta da SienaNews. Gestita da due giovani, Nicolò Ricci per la fotografia e Giada Finucci per la scrittura, vuole portare lo sguardo delle nuove generazioni sulla città. Il suo scopo è quello di valorizzare luoghi di Siena attraverso la fotografia e il racconto.
Stasera la mia ciotola è rimasta a metà. Guardo fuori dalla finestra, senza scondinsolare. Il mio padrone se ne accorge, perché abbandona i piatti nel lavandino e viene subito da me. Mi accarezza sulla testa con la stessa delicatezza di sempre e guarda anche lui alla piazza semivuota. “Tranquillo Blake, domani non ci sarà la musica. Ce ne staremo in casa, come una sera qualunque. Potrai dormire sul divano, magari”
La mia coda riprende a roteare senza che me ne renda conto. Per noi animali la cosa più importante è l’abitudine, sapere che il giorno dopo sarà uguale all’altro. Che non vi saranno eventi eclatanti a sconvolgerlo. Che domani non dovrò soffrire un dolore atroce alle orecchie, per colpa dei miei canali uditivi che amplificano tutto.
Devo dire che quest’anno, per me, è stata una grande annata: Duccio era sempre a casa, mi portava fuori almeno quattro volte al giorno e cercava da me l’affetto che prima gli amici gli davano. Dormivo sulle sue pantofole mentre ascoltava le lezioni al computer. Mi sono visto ogni sera un film diverso. Quest’estate non è andato in vacanza, non ho quindi dovuto trascorrere dieci giorni in campagna dai suoi genitori, che non mi degnano di uno sguardo. E adesso, crème de la crème, la giornata incubo di ogni anno, è sfumata nel nulla: i botti e la musica non esistono più.
Ho notato che gli umani elencano speranze per il nuovo anno: se ne dovessi dire una, sarebbe che il mio si ripetesse esattamente così. Soffro però per Duccio: non è abituato, lui, alle giornate tutte uguali. Per lui il tempo scorre solo facendo tante cose diverse. Uscendo la mattina e rientrando a casa la sera. Invitando a cena gli amici e ridendo con loro fino a star male. Lui ha bisogno, della musica e delle persone che gli ballano attorno per segnare in questa linea di tempo piatto una fine e un nuovo inizio. Mi metterò a ululare, domani a mezzanotte. Un abbaio per scandire la ritualità umana perduta. Per dirgli che la Piazza può esser piena se ce la immaginiamo tale. Che la musica che balleremo noi in casa può esser più vera di un frastuono anonimo. Che non serve essere in tanti, per esser felici.
Duccio
Testo di Giada Finucci
Foto di Nicolò Ricci