Nicolò, Duccio e il senso delle cose è la rubrica settimanale di giornalismo narrativo su Siena proposta da SienaNews. Gestita da due giovani, Nicolò Ricci per la fotografia e Giada Finucci per la scrittura, vuole portare lo sguardo delle nuove generazioni sulla città. Il suo scopo è quello di valorizzare luoghi di Siena attraverso la fotografia e il racconto.
Sollevo la punta della matita dal quaderno di schizzi. Alzo lo sguardo oltre i bordi del foglio: la ringhiera e il lampione che presiede in mezzo mi separano, come i fili e i paletti che nei musei vengono posti attorno al quadro per evitare che i visitatori lo tocchino, dalla mia visione.
Una versione contemporanea del presepe, che non si disfa dopo la befana. In cui case e botteghe non poggiano sulla stessa superficie e i tetti convivono, diversi e sfalsati, uno accanto all’altro. Si può vedere la Torre dell’Orsa vicino a quella del Mangia, il Duomo, il campanile a tre campane dell’oratorio di Santa Caterina.
Chi è che non si ferma a guardare il panorama, in San Domenico? Ti accorgi che è il tuo angolo di visione preferenziale, quello da cui la città ti si manifesta nella sua interezza, quando un amico conosciuto all’estero ti chiede di inviargli un disegno della tua città. Non una foto, un disegno. Uno schizzo, anche se fatto con i tratti di un bambino. E tu ti ritrovi qui, a maledire le linee di intersezione poco chiare fra un palazzo e l’altro, l’intonaco scrostato sui muri da cui si intravedono i mattoni, le persiane di diversa fattezza e colore.
La moltitudine d’elementi architettonici da cui la vista è investita in San Domenico mi fa pensare a quanto, le composizioni migliori, si inizino a costruire senza un progetto. Chi depose la prima pietra, lasciò nelle mani del tempo il posto che questa, nell’intero disegno della città, secoli dopo avrebbe assunto. Venne costruita una casa, poi un’altra accanto e un’altra ancora. L’ultima si è dimenticata dell’altezza e delle forme che la prima aveva dettato. Ogni nuova idea di costruire è un progetto a sé, pur rientrando all’interno di un tutto che all’inizio ignorava. Solo da fuori, in posizione di spettatore, è possibile ammirare questo tutto. Dare a ogni parte la sua funzione, e riconoscere la bellezza che un collage di moltitudini sprigiona.
Il famoso fil rouge, il disegno che ciascuno è, sarà riconoscibile, da fuori e a posteriori a chi, separato da una distanza, abbracci con lo sguardo l’intero panorama.
Duccio
Testo di Giada Finucci
Foto di Nicolò Ricci