Le classi quinte del liceo linguistico e dell’istituto tecnico del Monna Agnese, in concomitanza con l’anniversario della morte del giudice Falcone avvenuta il 23 maggio 1992, hanno avuto l’opportunità di assistere, per un’ intera mattinata, ad una significativa lezione sulla mafia presso l’aula magna della scuola.
Sono intervenuti la dottoressa Laura Mascaro, storica, ricercatrice, esperta di mafia, e il Generale Angiolo Pellegrini. La prima parte della mattinata è stata dedicata ad una lezione puntuale e necessaria in cui la dott.ssa Mascaro ha spiegato quali fossero la genesi storica, le caratteristiche e l’evoluzione della mafia.
Nella seconda parte della mattinata ha preso la parola il generale Pellegrini, comandante della sezione anticrimine di Palermo da gennaio 1981 a settembre 1985, che ha lavorato in stretta collaborazione con il giudice Falcone e con il suo pool antimafia. Dagli sforzi compiuti in quei cinque anni si è giunti all’istruzione del maxi-processo del 1986, uno dei più grandi risultati ottenuti nella lotta alle cosche mafiose mai registrato dal dopoguerra ad oggi.
Il generale Pellegrini è uno dei pochi sopravvissuti a quella terribile stagione e ha voluto raccontare l’esperienza di quegli anni in un libro dal titolo ‘Noi uomini di Falcone’, Sperling &Kupfer editore. Da diciassette anni tiene lezioni nelle scuole italiane convinto che ‘il ricordo del passato possa condurre ad un futuro migliore’.
“Ho raccontato la sua storia a molte persone, tanto ne ero rimasta affascinata,- ha confessato un’alunna- e una di queste mi ha detto che è bello vedere che ci sono uomini pronti a sacrificare la loro vita per salvare quella degli altri; io ho risposto che per me queste persone sono i veri eroi. Penso che abbiamo imparato tutti molto da questo incontro, ma soprattutto l’importanza di ricordare il passato per un futuro migliore”.
“Ho ammirato il suo coraggio e la sua determinazione- aggiunge un’altra alunna-, sicuramente ha fatto trasparire la passione e l’impegno che ha impiegato in tutti questi anni, e sentirsi raccontare le storie di lui e dei suoi colleghi, la maggior parte ormai eliminati dalla mafia, mi ha fatto un certo effetto; sentirlo mentre raccontava di come aveva perso i suoi colleghi, che erano anche amici, senza mostrare nessuna emozione è stato scioccante, lui era abituato a vedere scorrere davanti ai suoi occhi migliaia di morti causate dalla mafia, e ciò nonostante, non si lasciava abbattere ma anzi, usava quelle morti come una fortificazione, come un segno per andare avanti, per fermare i crimini di gente spietata che ha come unico obiettivo i soldi, e che non si fa scrupoli di fronte a niente”.
“Durante tutta la durata dell’incontro- ha ribadito uno studente- si è percepita in modo tangibile la necessità da parte del Generale di trasmettere a noi giovani l’importanza del ricordo e dell’impegno civico; necessità dettata da un ferreo senso del dovere, proprio di coloro che, come lui, hanno vissuto la storia in prima persona e ne conoscono le conseguenze.
In un mondo che sempre più spesso tende a dimenticare, la scuola può e deve essere il primo garante della memoria ed è proprio grazie a iniziative come queste che si pratica il fondamentale esercizio della memoria, che va oltre alla mera commemorazione delle vittime di una ricorrenza e che trova la sua realizzazione nell’impegno e nella consapevolezza delle nuove generazioni”.