I modi di dire del Palio: “L’aria sa di cacio”

Questo modo di dire, popolaresco e un po’ oscuro, si sente pronunciare all’appropinquarsi dei giorni di Palio.

“L’aria sa di cacio” significa infatti, nell’accezione corrente, che è ormai tempo di Palio, che si stanno montando i palchi e lo steccato, si sta per mettere la terra in Piazza e i contradaioli sono già in fermento. Come se quell’atmosfera particolare e unica che si respira a Siena nei giorni della sua celebrazione estiva avesse appunto un sentore di formaggio. Questo curioso adagio veniva usualmente profferito dal compianto Adù Muzzi, tartuchino di chiara fama e grande personaggio cittadino, che lo rese molto popolare, per quanto i più ne ignorassero il significato più recondito.

Per essere precisi, il motto completo che Adù si divertiva a proclamare col suo indimenticato vocione – compiacendosi del senso sibillino della frase – era: “l’aria è scura e sa di cacio, disse il contadino”. La quale aggiunta finale a commento sottintendeva una certa vena derisoria nei confronti di coloro che provenivano dal contado. Per brevità il detto veniva e viene, però, più spesso recitato col solo riferimento al presunto profumo cacioso dell’aria senese.

In verità, l’originale modo di dire che Adù aveva fatto proprio, probabilmente udendolo da ragazzo e rielaborandolo in questa versione lievemente spuria, è un po’ diverso, pur mantenendo il medesimo significato. Ma nella sua forma primigenia, come vedremo, se ne capisce meglio il senso.La frase proverbiale in questione appartiene ad un gruppo di motteggi forgiati – verosimilmente nel tardo Ottocento – a scherno degli abitanti di Montieri, evidentemente noti, al tempo, per essere dei sempliciotti, o peggio, dei baggiani.

Questa vera e propria collana di storielle e facezie sui montierini si inquadrava nella più ampia e arcinota polemica tra cittadini e contadini, di cui la Toscana fu privilegiato terreno di coltura e che si è trasposta anche nel Palio con la contrapposizione tra Contrade meno popolose e quelle che avevano avuto un cospicuo innalzamento demografico, causato dall’espansione territoriale in aree extra moenia.

Ma torniamo ai montierini. Non è chiaro il motivo per cui a Siena e dintorni il dileggio verso le popolazioni residenti in quello che fu il contado, si appuntò specificamente sugli abitanti di Montieri. Certo è che queste storielle ebbero un largo e perdurante successo (si pensi all’altro detto proveniente dalla stessa origine, “un di noi, un di loro”, riferito a quando i montierini andarono a caccia di grilli…), per poi perdersi con l’avvento dell’appiattimento culturale portato dal dilagare della moderna multimedialità.

Delle facezie sui montierini ne parlò un articolo del “nuovo corriere senese” alla metà circa degli anni Ottanta (forse a firma del mai troppo rimpianto Alessandro Falassi), poi più nulla. A parte Adù, che come si è detto ne tramandava una versione spuria.

La storia è dunque questa: all’appropinquarsi dell’estate, due coraggiosi montierini annunciarono ai compaesani che avrebbero corso l’avventura di recarsi al famoso Palio di Siena, di cui tutti avevano sentito parlare, ma dove nessun montierino aveva mai avuto l’ardire di spingersi. Così pertanto fecero, salutati da tutto il paese che li vide partire come due eroi per la guerra.

Giunti finalmente a Siena, i due sprovveduti ovviamente trovarono già tutte le locande, gli affittacamere e gli alberghi strapieni; si misero quindi a cercare un alloggio, finché caddero nelle grinfie di un astuto oste che, appreso che provenivano da Montieri, si offrì di ospitarli ad una modica cifra. Li condusse, invece che in una normale camera, nella buia dispensa tra salumi e formaggi, e lì li rinchiuse per tutti e quattro i giorni del Palio. Corsa la carriera, finalmente li liberò e i due, frastornati e perplessi, ripresero la via di casa.

Al loro arrivo a Montieri furono circondati dalla folla dei compaesani, ansiosi di sentire dalla loro viva voce il resoconto di quell’impresa. Ma alla domanda collettiva “allora come è questo famoso Palio di Siena?” furono capaci di rispondere soltanto “mah… è buio come un culo… e l’aria sa di cacio!”.

Giovanni Mazzini