Cominciò Luigi Bonelli (non Silvio Gigli, che da lui imparò) a trasmettere il Palio per radio. No, non a fare la radiocronaca in diretta, ma a registrare per la differita. Come avrebbe fatto Silvio Gigli che mandava in onda sul secondo canale della radio, la sera alle 22, una radiocronaca che era un sapiente palinsesto di identità e passione. Lui cominciava sempre con un elenco ( sempre uguale, ovviamente, ma doveva essere così) di immagini mentali che dovevano far identificare Siena: la sua storia, la sua grandezza, i suoi santi, i papi dati alla Cristianità. Una carta di identità memoriale, una “laudatio urbis”, si sarebbe detto in altri secoli.
Poi si fermava lì; non descriveva di certo il lungo Corteo Storico, e incastonava, nel montaggio la corsa, raccontata con tutta la passione in un mix di senesismo, contradaiolismo e serietà da professionista. E poi finiva con il suggello del suo racconto, la firma che doveva rendere riconoscibile subito a chi ascoltava la cifra di chi aveva raccontato, quel “Siena trionfa immortale” che è diventata un mantra identificativo del Palio e della città.
Era il bello della non-diretta.
Duccio Balestracci
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