Avete mai letto una dichiarazione del Sindaco di Pamplona che si augura di rivedere tutti i tori nella stalla, oppure il Sindaco di Sedilo che auspica ai cavalli che corrono l’Ardia, di tornare sani e salvi? Certo, è un pensiero nobile, un auspicio da condividere ma non sono le loro preoccupazioni principali. Non ho neanche mai sentito Ecclestone dichiarare prima di una gara di F1 che tutti i piloti tornino con i loro piedi alle rispettive scuderie.
A Siena, invece ultimamente abbiamo posto la salvaguardia dei cavalli come condizione essenziale per lo svolgimento del Palio. Ma non può essere così. Accadono incidenti a Pamplona, all’Ardia, nella Formula Uno, nel calcio, nel motociclismo, nel basket, nella boxe ed in qualsiasi altro evento sportivo e non, che richieda un’attività agonistica. Tutta questa preoccupazione avviene perché pare che il Palio abbia dei “nemici esterni”. Per trovare un’opinione pubblica esterna “nemica” del Palio, occorre tornare indietro nel tempo ai primi anni ’90, quando politici come Adele Faccio o personaggi dello spettacolo come Maurizio Costanzo, Ornella Muti, Brigitte Bardot organizzavano appelli per l’abolizione del Palio. Erano anche gli anni del famoso processo ai “Tre dell’Onda” (Capitano, veterinario e barbaresco) insieme al Sindaco Piccini. Quelli sì erano tempi duri, e ci volle tutto l’impegno dell’Amministrazione Comunale sia con correttivi importanti sulla pista di Piazza del Campo, sia con una selezione dei cavalli più accurata ed infine anche promuovendo appelli a favore del Palio sottoscritto da prestigiosi intellettuali italiani come Luzi, Fortini e Levi Montalcini.
Il cammino è stato lungo ma ha dato i suoi risultati. L’incidenza degli infortuni mortali si è costantemente ridotta fino al livello delle corse regolari di tutto il mondo (vedi ultimo convegno sul cavallo da Palio del 2019), ed allo stesso tempo si è formata in maniera naturale un’opinione pubblica italiana rappresentata da giornalisti, personaggi dello spettacolo e politici che ha imparato a conoscere la vera essenza della nostra Festa che non è una semplice corsa di cavalli né una rievocazione storica. Il Palio, insomma è divenuta di fatto una Festa patrimonio dell’Italia, e magari il nostro Comune dovrebbe spingere la mozione approvata in Consiglio Comunale per farlo riconoscere tale anche dallo Stato Italiano, considerato che non se è saputo più nulla.
Adesso i tanto temuti nemici del Palio sono associazioni animaliste che salgono agli onori della cronaca solo per il fatto di citare il nostro Palio. Si divertono così. Fanno denunce in Procura anche se vedono una nerbata. E noi dovremmo farci condizionare da queste persone? Una volta rispettati tutti i passaggi di prevenzione approvati non solo dal Comune di Siena ma anche dalla Stato, che sono i più garantisti del mondo nel settore delle corse ippiche, non abbiamo nulla da temere, come è stato provato da tutte le sentenze che hanno assolto chi è stato chiamato nelle aule giudiziarie.
A questo punto se pensiamo di liquidare le polemiche animaliste con la storiella del “si vuole bene ai cavalli”, ci sbagliamo di grosso. Gli infortuni ai cavalli, nel Palio, ci sono stati e ci saranno sempre, deve essere chiaro a tutti. Le risposte che diamo sono completamente sbagliate. Trionfa immortale solo il Palio, non gli uomini e né tantomeno il cavallo. Poste in essere tutte le precauzioni attraverso una scrupolosa selezione secondo le modalità del protocollo, l’incidente è inevitabile, imprevedibile e ineludibile. Il Palio è vita ed il cammino della vita è costituito anche da imprevisti. Nella vita si gioisce, si ama, si odia, si piange, si soffre e si muore. Nessuno lo vuole ma accade. Gli animali ci accompagnano in questo fantastico viaggio. Sono i nostri amici ma anche il nostro cibo. Li coccoliamo, li amiamo come figli, li alleviamo, ma facciamo anche altro: li accoppiamo anche se non vogliono, li sterilizziamo senza chiederli il permesso, li costringiamo a fare cose che non vogliono, li addestriamo, li comandiamo, li dominiamo a nostro piacimento. Se per qualcuno può essere crudele che un animale corra il Palio, per me può esserlo anche quello di privarlo della possibilità di avere figli o di costringerlo ad averne molti per venderli.
Quello che è sempre mancato nella comunicazione, durante questi anni di polemiche è stato quello di mettere il Palio, la nostra Festa, la civiltà contradaiola con la propria etica solidale, al centro dell’attenzione. Invece ci siamo messi sulla difensiva, inseguendo la narrativa legato al cavallo che non è il protagonista principale ma soltanto lo strumento principale. Le ragioni su cui si fonda il Palio è il patrimonio culturale e storico di una collettività, e non può basarsi solamente sull’assoluto amore dei cavalli. Sarebbe troppo semplice e non faremmo altro che perdere ogni dibattito su questo terreno. Non dobbiamo più commettere l’errore di scendere sul terreno del buonismo animalista, non abbiamo niente da farci perdonare. Non dobbiamo difenderci, non ne abbiamo bisogno. Quello di cui abbiamo bisogno è riappropriarci dei valori della nostra storia, dobbiamo recuperare lo spazio del dibattito sul terreno culturale con l’aiuto delle Contrade, dell’Università, di Enti internazionali e far riconquistare il primato antropologico e storico del perché noi si corre il Palio. Del perché, mentre in tutto il mondo si parla di conflitti, odio, scontri razziali, a Siena abbiamo costruito un modello sociale da cui tutti dovrebbero trarne esempio.
Nel proseguire in questo cammino di voler normalizzare il Palio verso una perfezione che non esiste in natura, il rischio evidente è quello della secolarizzazione della nostra Festa, imprigionata dal progresso e dalla tecnica e svuotato dei suoi contenuti trascendenti, sacri e profani che lo porta direttamente all’omologazione con le sagre ed i paliotti italiani.
Giovanni Gigli