La motivazione del personale è l’asset più importante per la Banca
Premetto che, già ancor giovane direttore di filiale in Banca Toscana ho sempre creduto all’azionariato diffuso fra i dipendenti. Ritenevo allora e ritengo oggi che in una azienda di ‘servizi’ dove il prodotto è immateriale il valore distintivo aziendale, la maggiore capacità competitiva è costituita dalla motivazione del personale dipendente di ogni ordine e grado. Questo principio vale a maggior ragione per il management di una banca o di una assicurazione.
Il professor Invernizzi della Università Statale di Milano insegna che la produttività di un dipendente (fatto massimo 100) può essere misurata da 60 a 120, quindi ben oltre la soglia considerata oggettivamente massima.
Il risultato – sostiene – dipende proporzionalmente dalla sua motivazione e coinvolgimento sugli obiettivi aziendali. Bene. Fin dagli anni ’70 sono stato azionista della Banca Toscana prima del delisting dove, fra l’altro, il senso di appartenenza dei dipendenti era molto più elevato mediamente rispetto a Banca Mps. Mi ricordo che partecipavo, prendendo ferie, a tutte le assemblee societarie. Arrivato nel 2006 al Monte Paschi come direttore generale di Mps Leasing e Factoring e soprattutto dopo il 2009 quando la Banca Toscana è stata chiusa a mezzo di fusione per incorporazione, in Banca Mps non ho certo cambiato idea e impostazione. La scelta di chiudere Banca Toscana è stata fra l’altro, come per Banca Agricola Mantovana una vera e propria disgrazia non solo per i dipendenti ma soprattutto per la clientela Corporate e Retail delle due banche partecipate che macinavano utili e quote di mercato.
Quindi da montepaschino ho accettato ben volentieri parte del premio di produzione corrisposto in azioni ed ho convintamente sottoscritto, utilizzando la parziale anticipazione del Tfr, azioni Mps.
Purtroppo la gestione Mussari ha fatto di tutto e di più per demotivare il personale attraverso una impostazione verticistica e pochissimo incline alla partecipazione dei colleghi a contribuire alle scelte della Banca, a parte ovviamente il cerchio magico frutto del cosidetto ‘groviglio armonioso’. Tutto questo ha portato dal 2006 al 2012 a distruggere valore per 15 miliardi di euro per azionisti, dipendenti e fondazione e quindi anche per la comunità senese e nazionale. Per questo insieme a tanti altri piccoli azionisti Mps ho proceduto a costituirmi parte civile nel processo penale di Milano a carico di Mussari e degli altri ex dirigenti inquisiti. Debbo aggiungere, per onestà di analisi, che anche la gestione seguente ‘Presidenza Profumo’ non ha cambiato sostanzialmente il voluto distacco del Presidente dalla base dei colleghi della banca.
Da questo punto di vista c’è da dire che forse la motivazione e il senso di appartenenza sono addirittura diminuite con l’era Profumo sicuramente anche per la caduta di reputazione
Concludendo ritengo che il rilancio di una banca, forte della sua storia centenaria e della sua centralità nel sistema creditizio ed economico del Paese non possa prescindere anche oggi, dopo la soluzione del NPL e la necessaria ricapitalizzazione, da una azione sistematica e intelligente di investimento sulla motivazione e sul coinvolgimento di tutti gli addetti, di tutte le professionalità interne che ci sono, del valore complessivo delle persone che hanno speso una vita professionale e come si dice ‘ci hanno messo la faccia’ per una banca che rimane essenziale per i destini economici e produttivi dell’Italia.
Gianfranco Antognoli di Studio Concredito