Tanta soddisfazione per il lavoro svolto ma anche un “enorme senso di vuoto”: questo è quello che ha provato Pierluigi Piccini per il Palio Straordinario del 9 settembre 2000, l’ultima carriera che ha vissuto come sindaco di Siena. Per lui ora rimangono i tanti ricordi su quella corsa dedicata al nuovo millennio e sulle altre venti che ha potuto gestire durante i suoi tre mandati da primo cittadino.
Pierluigi Piccini, come fu organizzato e quale fu il percorso che portò al Palio Straordinario del 9 settembre 2000 ?
«Fu un tragitto molto semplice, noi iniziammo a lavorare a febbraio coinvolgendo tutti i soggetti interessati. Ci fu un’ adesione unitaria e quindi poi il Palio fu fatto entro Settembre, queste a mio parere sono le procedure normali, quelle corrette perché il Palio si corre d’estate. Bisogna che le contrade lo sappiano prima dei due palii ordinari, dal mio punto di vista. Questo per tutta l’organizzazione che c’è dietro, per le contrade, per i cavalli, per le famiglie che devono spendere. Questo mi sembra che sia diventato un misto tra un Palio a sorpresa ed un Palio straordinario»
Il Palio del 9 settembre 2000 fu l’ultimo con i purosangue, fu con la sua giunta comunale che venne introdotto l’attuale lotto con i cavalli mezzosangue…
«Fu l’ultimo Palio con i purosangue e poi noi facemmo un’ordinanza nei primi mesi del 2001 ed la carriera del 2 luglio 2001 vide solamente cavalli mezzosangue»
Quindi come sindaco di Siena ha dato il via ad un percorso che ha cambiato un’era del Palio e ne ha aperta un’altra…
«Nella nostra giunta lavorammo per fare delle correzioni che però erano veramente richieste dal Palio. Credo che non è che se c’è un episodio che va fuori norma debba essere per forza preso in considerazione. Quando le cose si ripetono nel tempo allora è giusto intervenire. Come nel caso dei materassi dove c’era un effettivo problema da risolvere e bene o male lo abbiamo risolto. Non bisogna infatti intervenire sulla eccezionalità di un fatto patologico quanto questo si ripete. Durante i miei mandati facemmo anche lavori sulla misurazione e sulla composizione del tufo»
Facciamo un paragone tra ieri ed oggi, analizzando le modifiche che la sua giunta ha fatto al Regolamento e quelle che vorrebbe fare il De Mossi…
«In consiglio comunale ho suggerito di dare una procedura corretta al Palio straordinario con tempi, chi devono essere i soggetti preposti a fare la richiesta, non tutti posso chiedere secondo me, ed infine dare risposte certe in un periodo certo perché oggi il Regolamento lascia molti punti aperti. Noi abbiamo avuto un periodo, dove gli straordinari si sprecavano e ne abbiamo fatti in continuazione e quindi il Regolamento non è stato mai affrontato, poi, dopo il 1986, fu organizzato solamente il mio Straordinario. Oggi c’è un rischio di ripetizione perché credo che il clima sia cambiato nei confronti del Palio, credo che stia diventando una corsa con meno ritualità ed allora questa deve essere reintrodotta attraverso la norma. Se non ci sono i processi rituali questa diventa una sagra».
Che cosa ricorda di quel 9 settembre del 2000, il suo ultimo Palio da sindaco?
«Posso dire che provai tanta tristezza. Si può dire quello che si vuole ma insomma sono momenti emozionanti. Non voglio fare retorica però avendo gestito 21 palii, alcuni anche drammatici, quando te ne vai c’è soddisfazione per il lavoro svolto però senti il vuoto. Nel mio simbolo da sindaco ci sono due cose: l’ aquila e il serpente. La prima simboleggia lo spirito e il secondo il terreno, la materia. Nel Palio questi si incontrano in un momento, che si dilata facendo vivere attimi unici ed eterni. Quando ciò viene meno senti il vuoto. Questo mi successe perché per me era l’ultimo…».
Chi fece e quali furono le peculiarità del drappellone?
«Il drappellone fu fatto da Loris Cecchini e lì fu un tentativo importante perché, praticamente, era una fotografia. Volevamo introdurre il problema della riproducibilità dell’opera d’arte. Noi facemmo delle fotografie che erano identiche al Palio, ma non identiche perché erano state fotografate perché proprio era il Palio, e quindi abbiamo tolto quella famosa aurea che circonda tutte le opere. Quel Drappellone era una foto riportata su tela e appunto qui si apre il problema sulla riproducibilità dell’opera d’arte. Volevamo togliere l’aurea intorno al Palio per farla diventare effettivamente popolare superando quel distacco tra artista e popolo, fra committenza e popolo».
Marco Crimi