Se, per assurdo, dovessero scomparire 50 parole dalla nostra memoria collettiva, perché adoperate sempre meno, quale salvereste? Tutti i dizionari le depenneranno, i giornali le bandiranno da ogni articolo, la televisione vieterà di usarle e internet le farà scomparire: quale vorreste non si perdesse? E tu? Quale parola salveresti? è partito via social il sondaggio su ‘quale parola da salvare’ in preparazione della quarta edizione di Parole in cammino (il Festival della Lingua italiana e delle Lingue d’Italia, Siena, 1-5 aprile 2020)
Al tempo di Dante c’era un colore, il color perso, tra il purpureo e il nero, che era quello di certe stoffe provenienti dalla Persia; oggi quel colore non c’è più, perché quei tessuti non esistono più. E il giorno in cui non potessimo più ammirare l’arcobaleno potrebbe scomparire anche la parola indaco, il cui significato ormai sfugge a tantissimi giovani. Anche molti significati muoiono, ma quando le parole che li esprimono sono ancora in vita non sempre ce ne accorgiamo perché il loro involucro, il loro bozzolo, è ancora lì. La parola ci sembra la stessa di sempre, e invece non lo è. Abbiamo bisogno di sfumature che insegnino a distinguere, e in questo le parole aiutano. Anche i dizionari contribuiscono a ricordare le parole. Per questo l’Accademia della Crusca custodisce con cura e propone al pubblico le versioni elettroniche di molti vocabolari del passato. Gli autori dei migliori commenti alle 80 parole scelte saranno premiati a Siena nei giorni della manifestazione. Chi è interessato a partecipare all’iniziativa troverà, sulla home page del sito di Parole in cammino (www.ilfestivaldellalinguaitaliana.it), un link che rinvierà a una pagina Facebook dove potrà votare e commentare le parole selezionate. Continueremo a giocare (seriamente), con questa e altre iniziative di carattere linguistico, fino al gran giorno. Il 3 aprile lanceremo da Siena la Notte della Lingua Italiana, un evento realizzato in collaborazione con “Il Post” e con la Rete Nazionale dei Licei Classici (http://www.liceiclassici.unisa.it) guidata da Elisa Colella, dirigente del liceo classico catanese Mario Cutelli (http://www.liceocutelli.edu.it).
Alla domanda hanno già risposto in tanti (intellettuali e artisti, giornalisti e scrittori, studenti e insegnanti, e chiunque altro abbia ritenuto di poter dare il suo contributo). Sergio Castellitto ha scelto futile (“Il futile può essere utile”) e Franco Di Mare redimere (“Perché occorre mantenere viva la speranza”); la giornalista Ilaria Sotis ha optato per nemesi (“Perché se scomparisse la parola nemesi avrebbero la meglio coloro che non sanno – o possono – vederne le fondamentali differenze dalla parola vendetta”), così come il critico letterario Filippo La Porta (“Perché non ha sinonimi e ricorda alla modernità che da qualche parte esiste un limite che non andrebbe superato”); la traduttrice Ilide Carmignani salverebbe invece indaco (“Perché è uno dei 7 colori dell’iride e non ha un vero sinonimo”), lo scrittore Paolo di Paolo discolo (“Per non dimenticare il fanciullo che è in ognuno di noi e guardare il mondo con stupore”) e la scrittrice di noir Francesca Bertuzzi blandire (“Per la morbidezza della parola e l’uso ambiguo che se ne può fare”).
Alle 50 parole iniziali “da salvare” se ne sono aggiunte intanto altre 30, destinate ai lettori del “Post”: Massimo Arcangeli ne commenterà e spiegherà una a settimana fino al mese di marzo del 2020, all’interno del suo blog, sul giornale online diretto da Luca Sofri.